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venerdì 30 maggio 2014

Concorso letterario "#lalinguadelgirasole": Associazione Culturale Helianto

Scrivo per presentare, questa volta, non un libro o una casa editrice ma un concorso letterario. 
Si tratta di un'iniziativa proposta dall'Associazione Culturale Helianto, che opera tra Como e Varese e si occupa di promuovere e diffondere la cultura in tutte le sue forme: maggiori informazioni le trovate qui.

#lalinguadelgirasole è il primo concorso nazionale online di aforismi.
Il premio consiste nella pubblicazione dell’aforisma vincente in una plaquette della casa editrice PulcinoElefante di Alberto Casiraghy, con inserite le opere di Massimo Monteleone e un premio in denaro di 200 €. 
Per maggiori informazioni potete consultare le istruzioni alla pagina web del concorso, dalla quale è possibile partecipare direttamente, inserendo il proprio aforisma.

Va da sé che, se qualcuno dei miei lettori dovesse partecipare, VOGLIO esserne informata! :D

giovedì 29 maggio 2014

Presentazione: "Valerie Sweets - Parte II: I supereroi non esistono" - Manuel Marchetti _ Nativi Digitali Edizioni

Presentazione di un nuovo Urban Fantasy pubblicato dalla Nativi Digitali Edizioni. Lo trovate domani 30 maggio in tutti gli stores online a 1,99 euro.  In occasione di questa uscita ancora per oggi potete scaricare il volume precedente, Valerie Sweets - Parte I: La gente mi chiede perché bevo gratuitamente a questo link.

Per quanto riguarda, invece, Valerie Sweets - Parte II: I supereroi non esistono, questi sono i "dati":

TRAMA: Valerie Sweets credeva che fosse finita. Credeva che impedire l’invasione del proprio pianeta da parte di una creatura demoniaca fosse abbastanza, che tutto quello che aveva passato sarebbe, forse, stato dimenticato. A fatica, ma ci sarebbe riuscita, aiutata ovviamente da grandi dosi di whiskey. Di quanto si sbagliava, però, non poteva immaginarlo. Perché mettere i bastoni fra le ruote ad un demone potente e pericoloso non è salutare, specialmente quando lo stesso decide di trascinarla nel suo mondo per presentarle il conto da pagare… Se non vi sono bastate le pallottole e le imprecazioni della prima parte “La gente mi chiede perché bevo”, con “I supereroi non esistono” troverete pane per i vostri denti! Ci saranno combattimenti all’ultimo sangue, fughe disperate, poteri sovrannaturali e tutte le assurdità di un mondo nuovo, accompagnati dalla giusta dose di ironia, sarcasmo e… whiskey. Che ci volete fare, Valerie Sweets è fatta così!

L'AUTORE: Manuel Marchetti, classe 1986, ha sempre avuto un solo obiettivo: far arrivare le sue creazioni a più gente possibile. È la sua linfa vitale ed è ciò che lo spinge ad andare avanti.
E questo obiettivo ha iniziato a mostrarsi già in tenera età, quando alle elementari, mentre gli altri bambini giocavano a nascondino, raccontava fiabe inventate da lui ad un pubblico di pochi intimi; la sua fame non si è fermata, alimentandola alle medie riempiendo quattro quaderni di fumetti, con una nutrita schiera di fan che ogni giorno erano ansiosi di sapere se aveva disegnato una sola vignetta, “costringendolo” spesso, per questo motivo, a proseguire durante le lezioni. Alle superiori è passato ad un livello superiore, iniziando a scrivere racconti brevi, prima di 16 pagine, poi di 32 e poi di 64 (neanche fossero dei banchi di RAM), fino ad intraprendere la tortuosa via del romanzo, via che non ha ancora abbandonato e che non ha intenzione di abbandonare, perché la sua fame è ancora viva e sarà difficile placarla…

L'ebook, da domani, sarà acquistabile partendo da qui.


lunedì 26 maggio 2014

Su LEGGERE A COLORI: Recensione di "Apri gli occhi" di Chiara Vitetta

TRAMA: Apri gli occhi può essere definito come la storia di un incontro tra due persone particolari. Particolari non tanto per il loro carattere, ma per la vita che hanno scelto di condurre: Matteo, ex – insegnante e scrittore mancato, vive come un clochard e Rebecca si guadagna da vivere facendo la prostituta.

Risulta difficile recensire Apri gli occhi senza correre il rischio di scivolare nello spoiler. Questo è uno di quei (pochi, a parer mio) romanzi nei quali il finale conta moltissimo, dal momento che in esso viene esplicitato il messaggio veicolato attraverso il racconto.


La mia recensione di Apri gli occhi, che consiglio vivamente, la trovate su Leggere a Colori.

Blog Tour di "Il Giardino degli Aranci - Il Mondo di Nebbia di Ilaria Pasqua", con Giveaway! SECONDA TAPPA

Di seguito trovate un estratto de Il Giardino degli aranci - Il Mondo di Nebbia. Partecipando al Giveaway potete vincere una copia dell'ebook. Come? Leggete fino al fondo questo post!

"Quella mattina in molti avevano avuto incubi.
Aria proseguendo nel suo cammino incrociò un suo compagno di classe, Martin. I capelli rossi spiccavano tra le persone, il ragazzo era spesso in compagnia di una lucertola attaccata al braccio che sembrava succhiargli energia vitale. Ogni giorno quel ragazzo appariva ad Aria sempre più bianco e magro. Le guance infossate e gli occhi cerchiati la inorridivano. Non capiva se quell’aspetto fosse un difetto di natura o l’effetto dei suoi incubi.
Chissà in base a cosa i nostri incubi assumono una forma. Perché lui ha una tenebrosa lucertola e io quel coso strano? È un’ingiustizia, si ritrovava a osservare.
Per quale motivo le era toccato quel procione ossuto? Come se poi lei avesse delle ossa. L’incubo era una sorta di marchio di fabbrica. Molto spesso, infatti, si ritrovava a incrociare persone che la deridevano, o che deridevano quelli che avevano incubi dalle forme ben più assurde e inutili del suo: a volte incrociava un uomo che si portava dietro un incubo a forma di ombrello. E allora rideva anche lei. Che assurdità! pensava, un ombrello! Ma è ridicolo.
C’era gente che sognava raramente, oppure che non sognava proprio, anche se era quasi impossibile. Quella città era la città degli incubi, dei sogni oscuri e lei non sapeva il perché. Nonostante la gente vivesse felice, ogni notte le persone facevano tonnellate di sogni, insulsi o meno, come se una volta addormentati fossero loro a richiamarli. Ne producevano in quantità industriale, senza ragione. O forse una c’era. In classe, tra gli amici, nessuno parlava di ciò che aveva sognato. Era diventato, o probabilmente lo era sempre stato, un tabù. Lei non rispettava questa regola, d’altronde non era una legge.
Un ragazzino di cinque o sei anni più giovane di lei le tagliò la strada.
“Ehi imbecille, stai attento a dove vai” urlò senza ritegno, e molte persone si voltarono. Aria li guardò male.
“Ehi Aria”, la voce robusta e amichevole di un ragazzo la raggiunse da sinistra, “non riesci proprio a essere più gentile?”
Aria si voltò subito. “Henry, buongiorno, finalmente una faccia amica” disse sbuffando. “Lasciamo stare…”
“Fa piacere quando mi saluti con tutto quell’entusiasmo” rispose lui trascinandosi dietro una mangusta.
Aria rise senza volerlo.
“E dai, mi avevi promesso di non ridere” disse lui grattandosi la testa imbarazzato.
“Scusa, non ho proprio resistito, è così buffa”, ridacchiò lei indicando la mangusta.
“Non è che il tuo procione sia meglio” rispose lui per difendersi.
Intorno le persone si voltarono a guardarli. Erano capitati accanto a un gruppo di uomini adulti, dall’aria silenziosa e in parte truce. Alcuni scuotevano la testa come se non accettassero che i due ragazzi scherzassero su una cosa così seria, forse in parte avevano ragione. Eppure Aria non poteva far a meno di ridacchiare alla vista di quella mangusta, soprattutto perché associata a un tipo come Henry, molto posato, serio e di classe. L’immagine strideva come mai nessun’altra.
“Tua madre come sta?” chiese Henry che andava terribilmente d’accordo con la signora e Aria non riusciva a capacitarsene, visto che con lei la madre non era tanto simpatica.
“Come al solito, è sola e nervosa” rispose lei pensando ad altro.
“Sicuramente gli manca tuo padre. Nessuna novità?” Il ragazzo era ingenuamente preoccupato, mentre lei non ci pensava molto, poiché quell’uomo era sempre stata un’ombra nella sua vita. Non credeva che meritasse le sue attenzioni, visto che se n’era andato o così le sembrava; iniziava a confondere le parti del suo passato, come se sbiadissero piano piano, sostituite da altre idee.
“Wade è sparito da… non so, da talmente tanto tempo che io non lo ricordo. E sai anche che mia madre non pensa ad altro. Forse spera ancora che torni. Queste sono cose che non si dimenticano” disse con tono distaccato, contrariata da quell’argomento.
“Scusa, non volevo infastidirti” disse dispiaciuto il ragazzo.
“Bah, tranquillo, non ricordo più nulla di lui, né da quanto sia sparito; non me lo ricordo” continuò a ripetere senza capacitarsene. La cosa la sconvolgeva.
“È come se ci avessero piazzate in quella casa, cancellando una persona. Un paio di foto sono appese ai muri, certo, ma la sua presenza è scomparsa, anzi, è quasi come se lui non fosse mai esistito. Sai che sembra? Come se qualcuno avesse scritto il copione della mia vita e di quella di mia madre, eliminando un ruolo ma facendo in modo che non lo dimenticassimo. Non è assurdo?” iniziò a ridere dopo aver parlato a raffica.
“È una follia” concordò Henry.
“Comunque è un argomento che non sopporto” disse Aria con voce aspra.
“Mi… mi dispiace” ripeté l’amico, che si ripromise che non avrebbe mai più chiesto qualcosa a riguardo.
Aria si sforzò di sorridergli, poiché Henry era rimasto male dal suo tono duro, ma lei non poteva farci niente, non riusciva a controllarsi. Eppure doveva ricordarsi di quanto l’amico avesse un animo delicato. Come poteva rispondergli male? Era sempre così attento a lei e a sua madre, così gentile!
“Tranquillo. Con te mi piace parlarne” mentì lei per risollevargli il morale, e funzionò. Il ragazzo sfoderò un sorriso solare, quasi dimenticandosi di essere in mezzo a quella folla di gente nervosa.

Aria guardò le persone che camminavano stanche e trascinate verso i punti di raccolta. Proprio davanti a lei vi era una donna accompagnata da un bambino di fumo, un’altra più anziana da un uccello. Di lato un incubo aveva preso la forma di un mantello nero che strusciava a terra occupando metri di terreno, mentre un altro, poco distante, aveva l’aspetto di uno scheletro.
Agli occhi di un estraneo quel gruppo misto di persone, sarebbe potuto apparire come dei condannati scortati all’inferno da spettri maligni. Infatti, gli incubi erano subdoli, ti seguivano, silenziosamente, strisciando nell’ombra, erano come una catena sottile che ti legava al tuo inconscio, a una parte buia della tua mente a cui non potevi accedere, e che però eri costretto a portarti dietro. E ancora peggio, a mostrarla al prossimo.
In molti individui c’era una sorta d’imbarazzo, come se gli altri potessero scorgere l’incubo vero e proprio, il buio della propria anima. Eppure era possibile solo in un caso: se una persona ci passava attraverso, allora avveniva una sorta di cortocircuito, l’incubo si trasmetteva, i due sogni si mescolavano stordendo i possessori, e molti svenivano, altri vomitavano. Una spiacevole situazione. Ma non era solo questo, le persone a cui succedeva, si risvegliavano sentendosi diverse, non sapevano spiegare qualcosa che non capivano, ma era quella l’impressione che avevano sempre avuto. Per questo ognuno camminava ben distanziato dall’altro, seguendo un proprio percorso. E così anche Aria e Henry, che procedevano spalla a spalla, senza che nessuno li potesse superare, né che loro potessero farlo a vicenda. Erano perfettamente allineati, come soldati in una marcia all’alba, condannati a morte che proseguivano attraverso la nebbia.
Era uno spettacolo particolare quello. Aria ci pensava spesso. Avrebbe tanto voluto vedere dall’alto come la cosa apparisse.
“Aria, ci sei?” disse all’improvviso Henry. La ragazza si era persa in qualche pensiero fissando i capelli biondi dell’amico e non aveva aperto più bocca.
“Scusa” disse subito lei abbassando lo sguardo, “mi ero distratta”.
“L’avevo notato. Ci siamo comunque. E meno male che siamo usciti presto, guarda lì”.
Il punto di raccolta dove solitamente si recavano era affollatissimo quella mattina, segno che quella notte gli incubi erano stati tanti. Ma la raccolta, in fin dei conti, era piuttosto rapida, una questione di qualche minuto.
Aria si mise pazientemente in fila: “Che strazio, vorrei tanto che finisse” disse spazientita.
“Peccato sia impossibile. Potresti smettere di fare incubi”. Lei gli lanciò un’occhiataccia come per dire: Se potessi, pensi che non lo farei? Ma lo sguardo era bastato.
“Dai su, scherzo” disse l’amico, poi abbassò di colpo la voce “che hai sognato stavolta? Sempre quella stanza con la voce sconosciuta?”
“Sì, non mi lascia in pace” sbuffò lei tirandosi indietro i capelli neri ancora leggermente umidi.
“Non vorrà dire niente. Tranquilla. Spesso si intestardiscono solamente. Magari a te quello sfogo notturno fa bene. Per questo il tuo inconscio continua a replicarlo” spiegò da gran sapientone.
“Non fai altro che ripeterlo. Comunque non importa” disse lei. La mattina non aveva assolutamente voglia di riflettere, e poi quel discorso l’aveva già sentito mille volte. Aria continuava a rispondergli che un senso doveva averlo e lui controbatteva con quella storiella dell’inconscio che replica. Il ragazzo non era aperto alla possibilità che quei sogni potessero essere dei messaggi. Non lo accettava.
“È per questo che continui a sognare sempre la stessa cosa. Se continui a rimuginare su che cosa significhi, non te ne libererai mai” l’ammoniva lui.
Aria si distrasse di nuovo, poche file più avanti c’era uno dei suoi compagni di classe. Non aveva mai scambiato con lui che poche parole. Il ragazzo si voltò come se avesse percepito il suo sguardo addosso e con aria truce guardò prima Aria, poi Henry, poi infastidito tornò nella sua posizione. Aria osservò il suo collo bianco e provò una fitta. Adorava quel collo e non sapeva il perché. Le piaceva e basta.
“Che guardi?” chiese Henry indispettito.
Lei saltò sul posto. “Niente. Che fila, eh?” balbettò. Henry era così possessivo alle volte. Erano amici da… non sapeva neanche da quanto, da anni comunque, e lui, probabilmente, aveva una cotta per lei. Perciò ogni volta che Aria notava qualche bel ragazzo, provava una sorta di senso di colpa nei confronti dell’amico. Perché doveva sentirsi in colpa?
Guardò i suoi occhi azzurri: “Veramente tanta fila” ribadì. Lui la scrutò in silenzio.
Il suo compagno di classe nel frattempo era scomparso tra la folla. Aveva i capelli neri ed era facile che si perdesse tra le altre teste dello stesso colore. La sua corporatura era all'apparenza esile, ma lei sapeva che aveva un fisico asciutto ma muscoloso, l’aveva notato durante gli allenamenti in palestra. Non era altissimo, eppure lei al suo confronto appariva una nana, come se si ritirasse vicino a lui. Ma anche accanto a Henry faceva la stessa, identica figura. Anzi, anche peggiore. Henry era eccessivamente alto.
Aria cercò ancora il collo del ragazzo, ma nulla da fare, si era volatilizzato. Tanti altri le sfilarono di fronte: tozzi, pelosi, troppo magri, troppo lunghi, troppo corti… in quel momento decise di arrendersi.
Non poteva fare a meno di osservare il suo compagno di classe, così come faceva con Henry. Sin da quando si era ritrovata in classe con lui, si era interessata a quello che facevano, una curiosità che le sembrò naturale. Erano entrambi due bei ragazzi. Perché non avrebbe dovuto guardarli? Eppure quando li osservava sentiva una scossa, un qualche avvertimento, come quando si è distratti e la mente cerca di svegliarti.
“Tanta fila” confermò il ragazzo allungandosi."

Ti è piaciuto? Scopri di più sul sito di Nativi Digitali Edizioni

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COME PARTECIPARE AL GIVEAWAY

Per vincere una copia in formato epub e pdf di Il Giardino degli Aranci - Il Mondo di Nebbia è sufficiente partecipare al Giveaway su Rafflecopter.


Regole del giveaway: è possibile partecipare dal 26/05 al 01/06
In base agli "obiettivi" che completate vi verranno assegnati dei "punti", ognuno dei quali aumenta le probabilità di estrazione
Obiettivi da completare:

- Mettere mi piace alla pagina facebook di Nativi Digitali: 2 punti (obbligatorio)
- Mettere mi piace alla pagina facebook del blog ospitante: 2 punti (obbligatorio)
- - Mettere mi piace alla pagina facebook dell'autrice Ilaria Pasqua: 2 punti (non obbl.)
- Tweet personalizzato: 2 punti (non obbl.)

Il giorno successivo allo scadere del Giveaway, Nativi Digitali Edizioni contatterà il vincitore sul contatto email o al profilo facebook che avete inserito per partecipare!
In bocca al lupo!


rima Tappa: 19-25 maggio - Blog ospitante: Terre di Arret

Seconda Tappa: 26-01 giugno - Blog ospitante: Scusate, devo andare a leggere --> TAPPA ATTUALE

Terza Tappa: 02-08 giugno - Blog ospitante: Emozioni in Font

Quarta Tappa: 09-15 giugno - Blog ospitante: Atelier di una lettrice Compulsiva

Quinta Tappa: 16-22 giugno - Blog ospitante: Il giardino delle rose

Sesta Tappa: 23-29 giugno - Blog ospitante: Toccare il cielo con un libro

Settima Tappa: 30-06 luglio - Blog ospitante: Peccati di Penna

Ottava Tappa: 07-13 luglio - Blog ospitante: Gilly in Booksland

Nona Tappa: 14-20 luglio - Blog ospitante: Scribacchiando in Soffitta

Decima Tappa: 21-27 luglio - Blog ospitante: I Libri di Lo

sabato 24 maggio 2014

venerdì 23 maggio 2014

A proposito di.. "Villette" - Charlotte Brontë

TRAMA (da Amazon.it): Quando Lucy Snowe ottiene il posto di istitutrice in un collegio femminile in Belgio, per la prima volta la fortuna sembra sorriderle. Orfana e indigente, timida e sgraziata, per la ragazza quel trasferimento oltremanica è l'occasione per lasciarsi i grigi sobborghi inglesi alle spalle e ricominciare da zero. Ma iniziare una nuova vita non è un'impresa da poco: arrivata a Villette - città immaginaria plasmata da Charlotte Brontë sul modello di Bruxelles -, in un ambiente che le è estraneo, senza parenti né amici, Lucy ci mette del tempo a superare l'iniziale spaesamento e a prendere in mano le redini della propria esistenza. Grazie alla propria forza di carattere, la giovane riesce a guadagnarsi la stima dell'autoritaria direttrice del collegio, Madame Beck, e a entrare in confidenza con suo cugino, il professor Paul Emanuel, un uomo gentile e brillante ma poco portato per la vita mondana a causa del suo temperamento focoso. E proprio nel momento in cui tra i due sembra essere scoccala la scintilla di un'intensa e tormentata storia d'amore, irrompe; sulla scena John Bretton, affascinante amico d'inlanzia di Lucy, che costringerà la ragazza a fare i conti con i dubbi e le scelte che s'impongono a ciascuno di noi quando cerca il proprio posto nel mondo.

Come ho avuto modo di dire più volte, mi trovo sempre in difficoltà quando scelgo di scrivere a proposito di un classico. Soprattutto quando il suddetto classico mi è piaciuto tantissimo.

Sul retro dell'edizione curata dalla Fazi, l'unica disponibile in Italia (credo), si legge che Villette è il miglior libro della  Brontë, superiore a Jane Eyre. 
Effettivamente, a freddo, è così. Pubblicato sei anni dopo Jane Eyre, Villette appare in un certo senso come un testo più completo, forse anche perché è maggiormente autobiografico.
Lucy Snow, la protagonista, ha parecchio in comune con Jane, come del resto anche Paul Emanuel non è tanto distante da Rochester. Eppure, entrambi i personaggi paiono più maturi, meglio delineati.
Di Lucy non sappiamo niente: la storia è raccontata in prima persona, e Lucy è parecchio avara di informazioni su di sé. Vediamo tutto attraverso i suoi occhi: la pacatezza, il tentativo di resistere alla passione - ci sono passaggi che esprimono una fortissima sensualità trattenuta - il conflitto tra Ragione e Sentimento, che talvolta appaiono personificati. Anche il ritmo del racconto si modifica a seconda dei pensieri di Lucy: più pacato adesso, incalzante e concitato poco oltre.
Rispetto a Jane, Lucy è una creatura più nervosa, più fragile, sempre intenta a cercare di dominarsi. Come Jane, invece, sogna di affermarsi, di mantenersi da sé, di essere artefice del proprio destino. Il finale del romanzo è molto triste, la libraia mi aveva avvisata: "non chiude benissimo". Eppure l'ho apprezzato ugualmente, perché se Jane si riscatterà dalle umili origini, e continuerà a lavorare insieme al marito, Lucy ha la possibilità di arrivare fino in fondo ai propri progetti, di dimostrare a sé stessa e agli altri - malgrado un grande dolore - che può cavarsela da sola. Anzi: che una donna, da sola, in un paese straniero, a metà del XIX secolo, può cavarsela da sola.

La riflessione è più ampia, in Villette che non in Jane Eyre. Si parla anche di religione, di differenze tra il cattolicesimo e il culto protestante: l'ho trovato affascinante e interessante, un bel documento storico.

Anche in Villette, come in Jane, c'è un mistero: in Jane era la risata della moglie pazza, qui è - forse - il fantasma di una monaca. Tuttavia, questa volta la furia del Romanticismo, la lotta tra i sentimenti sono più interiorizzati nel personaggio, meno "fuori". Immutata rimane, invece, la rappresentazione della natura come "specchio" dei sentimenti dell'eroina. Meraviglioso.

Unico neo, o almeno, a me pare tale, di Villette: è veramente molto lungo,e in alcuni punti risulta un pochino pesante. Jane Eyre, essendo più breve, è sicuramente più incisivo e affascinante. 

mercoledì 21 maggio 2014

Intervista a Rebecca Domino, autrice di "Fino all'ultimo respiro"

Dopo aver letto e recensito Fino all'ultimo respiro, ho voluto approfondire la conoscenza dell'autrice rivolgendole alcune domande, sia sul romanzo stesso, sia sulla sua attività di scrittrice.

 Dopo aver letto Fino all'ultimo respiro, è abbastanza scontato che la prima domanda sia: perché hai scelto di trattare questo tema? Quali sono i passi che hai compiuto per avvicinarti a questa tematica così complessa, piena di "problemi"?

Non è stata una scelta. Stavo scrivendo un altro romanzo, uno di quelli che scrivo per me stessa, quando improvvisamente mi è venuta l’idea per Fino all’ultimo respiro. Naturalmente non sapevo ancora il titolo o la trama dettagliata, ma sapevo di voler raccontare la vita attraverso l’amicizia improvvisa fra una ragazza qualunque, Allyson, e la sua coetanea Coleen, resa suo malgrado “speciale” perché malata di leucemia da due anni e mezzo. Non ho mai pensato di scrivere il romanzo dal punto di vista di Coleen perché per fortuna non ho mai avuto un tumore e non conosco nessun adolescente che abbia affrontato quella terribile battaglia, ma purtroppo ce ne sono sin troppi che ogni giorno affrontano la chemio, le radiazioni, gli effetti collaterali, il dolore, la paura e il modo in cui le loro vite sono cambiate, e mi sono detta che non avrei mai osato mettermi nei panni di qualcuno che vive una vita così diversa dalla mia, sapendo che se avessi commesso anche solo un errore non me lo sarei perdonata. Allo stesso tempo, m’incuriosiva trattare come il rapporto con una coetanea malata può cambiare in meglio la vita di una ragazza come tante. Attraverso Coleen non viviamo solamente la sua malattia, ma ho voluto inserire nel romanzo delle scene in cui le due amiche sono paritarie, in cui Coleen consola o aiuta Allyson, e non è sempre Allyson a occuparsi di lei, solo perché Coleen ha il cancro.
Prima di scrivere un romanzo, mi documento sempre sull’argomento che vado a trattare: non sono un medico, non ho mai studiato medicina ma mi sono documentata più che ho potuto, sia sul cancro sia sulla leucemia in particolare. Allo stesso modo, ho guardato, letto e ascoltato numerose testimonianze degli adolescenti con il cancro, ma ve ne parlerò meglio nella risposta alla domanda numero quattro, quella in cui mi si chiede come mai ho scritto un personaggio come Coleen, nettamente positivo. Comunque sicuramente quello che ho trovato in quelle storie è stato ciò che mi ha spronato ad andare avanti, a scrivere il romanzo e a darmi da fare per promuoverlo.

Se hai letto La custode di mia sorella, e/o Voglio vivere prima di morire, che in due modi diversi affrontano il tema della malattia terminale in una ragazza giovane, adolescente, cosa pensi di questi libri? E qual è stato il tuo rapporto con questi precedenti?

Ho letto La custode di mia sorella molti anni fa, quindi non lo ricordo nei dettagli, ma non mi è piaciuto molto. Non sto a discutere lo stile e cose del genere, semplicemente io non avrei mai scritto un romanzo con due sorelle come protagoniste, dove la maggiore ha la leucemia e l’altra si rifiuta di continuare ad aiutarla donandole il suo midollo ecc. Capisco che dev’essere difficile sapere di essere stata concepita solo come possibile salvatrice della sorella maggiore ma, come sai, io ho una sorella, Sofia, di tre anni più piccola di me, e siamo legatissime. Se Sofia avesse la leucemia ed io fossi la sua unica possibilità di salvezza, di sicuro non tirerei in ballo gli avvocati e non mi rifiuterei di continuare ad aiutarla. Inoltre, non condivido il finale, che secondo me è un po’ una “via facile”. Per quanto riguarda Voglio vivere prima di morire ne ho sentito parlare ma non l’ho letto, so che racconta la storia di una ragazza malata terminale, Tessa, che butta giù una serie di esperienze che vuole provare prima di morire. Non avendo letto il libro non me la sento di giudicarlo e l’idea alla base è carina, ma con il mio romanzo voglio far capire ai lettori che i ragazzi con il cancro cercano la normalità. Certo, molti vogliono togliersi degli sfizi, realizzare piccoli e grandi sogni, specialmente quando il cancro diventa terminale, e infatti Coleen vuole andare a vedere le balene, vuole assistere a un concerto del suo gruppo musicale preferito… ma questi episodi sono quasi un sottofondo al suo desiderio di normalità infatti, quando Allyson le propone di andare a Disneyland e fare tutta un’altra serie di cose per rendere speciali i suoi giorni, Coleen rifiuta. Questo è un punto molto importante di “Fino all’ultimo respiro”: è facile rendere speciali una manciata di giorni, per esempio andando in mongolfiera, visitando posti lontani e realizzando altri sogni, la vera sfida è rendere ogni singolo giorno, con la sua apparente banalità, degno di essere vissuto.

Sei un'autrice italiana, eppure il tuo romanzo è ambientato in un villaggio della Scozia. Puoi spiegarci i motivi di questa scelta?

Prima di cominciare a scrivere il romanzo, mi sono chiesta se ambientarlo in Italia o meno. Ho fatto delle ricerche sugli adolescenti che vivono con il cancro nel nostro Paese e ne è uscita una realtà desolante: sì, ci sono alcuni reparti per i ragazzi e le ragazze con il cancro, e proprio nella mia regione stanno cercando di aprirne uno all’ospedale Meyer di Firenze, ma in generale in Italia gli adolescenti che si ammalano di cancro si ritrovano in una sorta di “terra di nessuno”, pertanto non mi sembrava che ci fossero le basi necessarie per sviluppare tutto un romanzo in un Paese dove non penso che gli adolescenti con il cancro siano molto considerati. Ho vissuto per un anno a Londra, e so che nel Regno Unito le cose sono diverse: ho ambientato Fino all’ultimo respiro ad Avoch, piccolo paesino scozzese (che esiste davvero, ma dove non sono mai stata) spinta dalle atmosfere cupe, selvagge e malinconiche dalla zona, e anche perché, come forse sapete, il romanzo è leggibile gratuitamente così da spronare i lettori a donare a Teenage Cancer Trust, un ente benefico inglese che si occupa in toto degli adolescenti che vivono con il cancro. Mi sembrava sbagliato e insensato criticare la situazione italiana e non fare niente per mostrare che sarebbe possibile mobilitarci per i nostri giovani colpiti dal cancro; attraverso il mio romanzo voglio parlare anche di Teenage Cancer Trust, sperando che sempre più persone ne parlino, per far sì che qualcuno ai “piani alti” si renda conto che anche nel nostro Paese dovrebbero esserci enti benefici del genere. Teenage Cancer Trust è stato fondato nel 1990 e si occupa sia dell’aspetto medico degli adolescenti e dei giovani adulti (13-24 anni) con il cancro, sia del supporto ai famigliari e agli amici, della ricerca e soprattutto considera gli adolescenti come dei giovani e poi come dei malati di oncologia. Con ventisette reparti sparsi un po’ in tutto il Regno Unito (e pianificano di aprirne altri sette) il personale di Teenage Cancer Trust, specializzato nel curare adolescenti e giovani adulti, offre una “casa lontano da casa”, un ambiente in cui i giovani possano curarsi insieme con dei coetanei, leggendo dei giornali, dei libri, chiacchierando e confrontandosi, divertendosi con delle partite di biliardo ecc… se essere diagnosticati con il cancro è terribile per chiunque, per un adolescente lo è ancora di più perché si trova in un momento delicato della sua vita, sta cercando la sua indipendenza e spesso a causa delle cure e della debolezza è costretto a perderla, anche se solo temporaneamente, e dovrebbe pensare solo allo studio o al lavoro, oltre che a divertirsi con gli amici, invece deve imparare dei termini medici, deve fare i conti con la perdita dei capelli, con le infezioni, con gli effetti collaterali della chemio e delle radiazioni (nausea e vomito sono solo due di questi), con la paura della morte, ecc… ecco perché condividere il viaggio con dei coetanei è fondamentale. Ci sarebbero così tante cose da dire su Teenage Cancer Trust, l’ente è supportato esclusivamente dalle donazioni di privati e aziende e fa davvero la differenza nelle vite degli adolescenti con il cancro. Ecco perché ho ambientato il romanzo in Scozia, per dar voce al lavoro di Teenage Cancer Trust sperando che, in un futuro non troppo lontano, anche l’Italia avrà un ente benefico del genere, che abbraccia numerosi padiglioni ospedalieri, le cui attività però si svolgono anche oltre l’ospedale, supportato da grandi nomi dello spettacolo (per esempio, le celebrità musicali si ritrovano ogni anno alla Royal Albert Hall di Londra per dei concerti in favore di Teenage Cancer Trust); un ente che mette al centro del suo lavoro il far sì che gli adolescenti con il cancro si sentano trattati come i loro coetanei sani, che possano condividere le loro preoccupazioni e le loro gioie con persone vicine alla loro età e che ricordi a tutti che avere il cancro non significa dover smettere di vivere. Il romanzo è leggibile gratuitamente, per riceverne una copia in PDF vi basta mandarmi una mail a: rebeccaromanzo@yahoo.it e incoraggio i miei lettori a donare quello che possono a Teenage Cancer Trust, in maniera veloce e sicura, tramite la mia pagina Justgiving, di cui trovate il link qui sotto:
https://www.justgiving.com/Rebecca-Domino

Nella mia recensione, ho sollevato dei dubbi sulla veridicità del personaggio di Coleen. Puoi rispondere a questa obiezione, spiegandomi perché hai deciso di tratteggiare un personaggio così nettamente positivo?

Sono contenta che tu mi abbia fatto questa domanda perché non mi sono seduta a tavolino, prima di cominciare a scrivere il romanzo, e ho detto “voglio che Coleen sia un personaggio totalmente positivo”. E’ successo perché, come faccio prima di ogni romanzo, mi sono documentata sull’argomento che avrei trattato e mi sono ritrovata a leggere, guardare e ascoltare delle testimonianze degli adolescenti con il cancro. Mi aspettavo storie di dolore, paura, preoccupazione, rabbia e morte e, naturalmente, in quelle storie si parla di tutte queste cose, com’e’ normale con delle persone che hanno a che fare con il cancro, ma non mi aspettavo tutta quell’energia, quell’altruismo, quella forza, quei sorrisi e quell’amore per la vita che invece vi ho trovato! Nel romanzo, Coleen ha dei momenti “no”, il suo umore oscilla e, quando parla della sua vita subito dopo la diagnosi, ammette che non era forte e ottimista com’e’ dopo due anni e mezzo di “convivenza forzata” con la malattia, e accenna addirittura all’essere caduta in depressione. Ho voluto inserire questi lati perché fanno parte dell’avere il cancro ma io stessa sono rimasta a bocca aperta di fronte alle storie che ho letto e ascoltato, di fronte a ragazzi e ragazze più giovani di me che, pur avendo il cancro, vogliono fare qualcosa delle loro vite e vogliono vivere normalmente, con il sorriso sulle labbra. Lasciate che vi accenni alcune di queste storie… ricordo quella di Allister, diciannovenne scozzese cui è stato diagnosticato il cancro; nel 2008 (dopo tre anni di cure) la diagnosi è diventata terminale. Allister ha reagito con umorismo, forza di volontà e ottimismo e il suo scopo principale era raccogliere fondi per l’apertura di un reparto di oncologia per ragazzi dai 13 ai 16 anni nel suo paese natale così che non fossero più curati con i bambini piccoli. Il ragazzo ha organizzato un party con oltre duecento persone raccogliendo 500.000£ a favore di Teenage Cancer Trust e poi ha lavorato duramente per organizzare una giornata di divertimento totale nel suo villaggio natale, che comprendeva una maratona, la tombola, quiz in un pub ecc, il tutto sempre per raccogliere fondi a favore di Teenage Cancer Trust. Allister è morto il giorno prima dell’evento (che si è tenuto comunque, gestito dai famigliari) e le persone che l’hanno conosciuto lo ricordano come un ragazzo che ha affrontato il cancro senza mai lamentarsi perché era capitato a lui e non a qualcun altro.
Poi c’è Melissa, ragazza americana cui è stato diagnosticato il cancro a diciassette anni. Nonostante le cure e gli effetti collaterali, nonché l’incertezza per il futuro, Melissa non ha raccontato a nessuno della sua malattia e ha finito le scuole superiori come una ragazza qualunque. Non voleva essere trattata con i guanti solo perché malata di cancro. Quando ha dovuto cominciare delle sessioni molto dure di chemio, Melissa non ha perso il suo spirito e, affrontando la chemio e le radiazioni, si è iscritta all’Università e, nonostante l’aver perso i capelli, il vomito, la sensazione generale di stanchezza e gli altri effetti collaterali, ha completato tutti i corsi. Dopo delle complicazioni in seguito a un trapianto di midollo osseo, Melissa ha perso per tre settimane la capacità di parlare, di mangiare da sola e di camminare. Quando ha ricominciato a stare meglio, ancora incapace di leggere a causa di problemi alla vista, a malapena in grado di camminare e capace di parlare solo farfugliando, ha ripreso a frequentare i corsi universitari. A un certo punto, quando la diagnosi è diventata terminale, Melissa ha scelto di rinunciare alla chemio e alle radiazioni perché non l’avrebbero guarita e l’avrebbero costretta a sentirsi debole e a subire nuovamente vari effetti collaterali. I medici le hanno detto che non c’era più speranza, non c’era più niente da fare. Niente, se non vivere. E Melissa l’ha fatto seguendo il suo motto: “sii gioiosa, alza la testa al cielo e grida”. Chi l’ha conosciuta, dice che Melissa si vedeva sempre come una ragazza viva, mai come una in procinto di morire. Ha combattuto contro la malattia, non contro la morte. Sapeva che sarebbe morta, come succederà a tutti noi. Melissa è morta a diciannove anni, dopo tre mesi vissuti senza gli effetti collaterali dei trattamenti, mesi in cui ha vissuto belle esperienze, ha frequentato dei corsi e ha ricevuto una laurea speciale per coloro che ne sono degni anche se non possono concludere gli studi.
C’e’ Shelbee, ragazza inglese cadetto della polizia che, quando ha ricevuto la diagnosi di cancro, ha continuato a impegnarsi nel suo lavoro nonostante la stanchezza e il dolore, assentandosi solo quando era in ospedale per le sedute di chemio e andando in centrale anche quando era sulla sedia a rotelle. Ricordo la storia di una ragazza, di cui non rammento il nome, la cui amica aveva il cancro e l’unico modo per rimuovere il tumore sarebbe stato amputarle la gamba. Questa ragazza, appresa la notizia, telefonò all’amica per sentire come stava dato che aveva appena saputo che le avrebbero tagliato la gamba e questa rispose “posso richiamarti dopo? Voglio finire di vedere la puntata di Gossip Girl”.
E poi c’è Stephen Sutton, il ragazzo di cui tutta l’Inghilterra (e non solo) sta parlando: diciannove anni, dopo due anni di lotta contro il cancro adesso la sua malattia è considerata incurabile. In questi anni Stephen non ha mai perso il suo sorriso e il suo ottimismo e si è impegnato molto organizzando eventi di ogni tipo per raccogliere fondi a favore di Teenage Cancer Trust, così da poter aiutare altri adolescenti nella sua situazione. La storia di Stephen è venuta ancor più alla ribalta quando, il 22 aprire di quest’anno, il ragazzo ha postato sulla sua pagina Facebook quella che credeva che sarebbe stata la sua ultima foto con i “pollici alzati” (simbolo di forza e positività) poiché le sue condizioni erano peggiorate e i dottori gli avevano detto che gli  rimaneva pochissimo tempo da vivere. Anche in quel momento, Stephen ha scritto parole d’incoraggiamento e ottimismo, spronando ancora una volta le persone a donare a Teenage Cancer Trust ed è riuscito a raccogliere fondi per l’ente benefico per una somma che supera le tre milioni di sterline! Stephen ha “tossito uno dei tumori” e dopo un’operazione è stato rimandato a casa, ma purtroppo in questi giorni è stato di nuovo ricoverato in ospedale. La sua malattia è ancora terminale. Ci sarebbero tante altre storie da raccontare, ma ho voluto raccontarvi queste perché dico no, non ho creato un personaggio irreale; attraverso Coleen ho voluto raccontare la forza, il coraggio, l’altruismo e il sorriso di questi ragazzi. Tutto ciò sembra incredibile anche a me, e allora concludo la risposta con delle parole che Stephen ha scritto qualche giorno fa, quando stava relativamente bene, sulla sua pagina Facebook:
“Tantissime persone mi chiedono come possono aiutarmi personalmente e la risposta è… non lo so, sono piuttosto contento di come sono le cose al momento. Il vostro supporto è stato immenso e profondamente apprezzato, anche se forse è stato più di quanto non meriti. Quello che sto cercando di dire è che ci sono altri adolescenti con il cancro che stanno lottando duramente tanto quanto sto facendo io e che meritano lo stesso supporto, e ci sono persone che combattono contro altre malattie e altre persone ancora che necessitano del vostro supporto per qualunque altro motivo”. Queste sono le parole di un ragazzo di diciannove anni che ha ancora pochissimo tempo da vivere e che ha raccolto ben oltre 3 milioni in favore di un ente che si occupa di ragazzi come lui. Sono le parole di un ragazzo che con la sua voce ha ispirato milioni di persone. No, non penso che Coleen sia un personaggio troppo positivo o lontano dalla realtà.


A questo punto, direi che è il caso di concentrarsi direttamente sulla tua attività di scrittrice. Quale porzione occupa questa attività nella tua vita?

La scrittura è molto importante per me, anzi, direi che è fondamentale. Mi reputo molto fortunata ad avere una passione così forte, che porto con me sin dall’infanzia. Non posso mantenermi con quello che scrivo, quindi svolgo altri lavori, ma la scrittura è quello che mi sta davvero a cuore e quando promuovo un romanzo tengo molto anche a tutto il lavoro necessario per diffonderlo (segnalazioni, interviste, articoli…), perché mi permette di mandare in giro per l’Italia il mio lavoro e di farlo arrivare ad altre persone. Dedico diverso tempo alla scrittura, anche a seconda del periodo in cui mi trovo e degli impegni che ho; per esempio, adesso che ho appena cominciato a promuovere “Fino all’ultimo respiro”, non ho tempo per scrivere altri romanzi, neanche quelli che scrivo solo per me, per il piacere di farlo, ma di sicuro continuerò a scrivere finché potrò perché mi soddisfa pienamente e mi rende felice.

6) Per quale motivo hai scelto, come anche tua sorella, di presentarti come autrice indipendente, senza affidarti a un editore? Quali sono, secondo te, le possibilità del self - publishing?

Ho scelto di presentarmi come una scrittrice indipendente per vari motivi. Prima di tutto perché così posso scrivere quello che voglio e posso presentarlo ai miei lettori come meglio credo, senza tagli “necessari” perché i prodotti si assomiglino l’un l’altro o per togliere messaggi o scene scomode. Naturalmente essere autopubblicata significa avere più impegni e anche più responsabilità, ma a me piace occuparmi in toto del mio lavoro, dalle numerose fasi di editing alla promozione. Per quanto riguarda le responsabilità intendo dire che se uno scrittore ha alle spalle una grande casa editrice può sempre dire “sono stati loro, che ci capiscono di libri, a scegliere il mio” mentre un indipendente deve credere 100% nel proprio lavoro, affrontare le eventuali critiche e gestire il tutto. Nel corso degli anni ho scritto vari romanzi e di tutti quelli reputo validi solo quelli che ho pubblicato finora, ovvero “La mia amica ebrea” e “Fino all’ultimo respiro”. Credo totalmente in questi miei due lavori, hanno dei messaggi che voglio diffondere e sono storie che mi emozionano molto, per questo affronto le valanghe di mail cui devo rispondere, scrivo ai numerosi blog o siti con cui mi piacerebbe collaborare e via dicendo. Per un autore indipendente è fondamentale il supporto dei blogger e anche dei siti Internet; prima di pubblicare il mio primo romanzo, “La mia amica ebrea”, ammetto che ero un po’ scettica perché la maggior parte dei lettori legge altri generi di libri, invece non solo ho ricevuto un grande supporto dalle blogger ma anche da alcuni siti, inclusi quelli specifici sull’argomento, come i siti sugli ebrei. Anche i lettori sono molto importanti e penso che il classico passaparola possa fare la differenza per un autore indipendente. Poi, naturalmente, tutto dipende da quello che una persona desidera: io non voglio la fama, non me ne importa niente di pubblicare con una grande casa editrice, quello che voglio è che i miei romanzi siano letti, sperando che arrivino ai cuori dei lettori e sperando di scuotere qualcosa nelle loro anime; con “Fino all’ultimo respiro” inoltre voglio lanciare messaggi importanti, gli stessi che ho appreso leggendo e ascoltando le testimonianze dei ragazzi con il cancro e se, dopo aver sentito la voce di Coleen, anche solo una persona capisse il significato di tutte le sue parole e cambiasse attitudine nella vita, orientandosi maggiormente verso l’aiutare gli altri, il dimenticare le frivolezze e, in generale, il vivere davvero ogni momento, sarei molto più soddisfatta che se fossi contattata da un grande editore o se il mio libro fosse il primo nella classifica dei best-seller indipendenti. Infine, l’essere indipendente mi permette di avere maggiore scelta sul prezzo di vendita o, come nel caso di “Fino all’ultimo respiro”, di rendere leggibile gratuitamente il romanzo, incentivando i miei lettori a donare a una causa benefica. Naturalmente ci sono anche le piccole-medie case editrici, ma solitamente queste vendono i loro libri o ebook a prezzi altissimi per il mercato, quindi vendere delle copie è praticamente impossibile e la pubblicità che fanno agli autori è pari allo zero, quindi una persona deve comunque rimboccarsi le maniche e contattare da solo le blogger, i siti e via dicendo, allora tanto vale autopubblicarsi e avere il pieno controllo sui propri romanzi.

Personalmente, sono una grande sostenitrice dell'editoria digitale, che non credo comporterà la morte di quella tradizionale ma può dare una scossa al mercato e attrarre una fetta maggiore di pubblico. Il mio sogno sarebbe quello di poter acquistare e scaricare gli ebook direttamente in libreria. Hai voglia di dirmi la tua opinione in merito?

Che bella idea! Sì, piacerebbe molto anche a me e chissà che in un futuro non troppo lontano non accadrà, anche se temo che si tratterebbe sempre degli stessi nomi che popolano le librerie e che per gli autori indipendenti non ci sarebbe questa possibilità. Sicuramente gli ebook attraggono una maggiore fetta di pubblico, anche per via dei prezzi decisamente più economici rispetto a quelli dei cartacei. Io non ho il kobo o quello che serve per leggere i libri in digitale, ma moltissime persone ormai si affidano a questa nuova realtà. Non so se l’ebook, con il passare del tempo, non porterà alla morte dell’editoria tradizionale. A essere onesta temo che alla fine succederà. Pian piano tutto diventerà sempre più tecnologico e magari fra cinquecento anni i libri cartacei non esisteranno più, o saranno esposti solo nei musei. Il libro cartaceo è qualcosa di speciale, a me piace molto sfogliarne le pagine, sentire la carta sotto le dita, ma come autrice dico che l’editoria digitale è molto più conveniente e mi chiedo quante delle persone che hanno letto La mia amica ebrea in ebook l’avrebbero comprato in cartaceo. Quindi sì, sono anch’io una grande sostenitrice dell’editoria digitale, perché permette praticamente a tutti di pubblicare (anche se questa naturalmente è un’arma a doppio taglio) e permette agli autori di avvicinarsi a una fetta di pubblico sempre più grande, eliminando le spese di produzione del libro ma anche quelle d’invio delle copie per le recensioni. Io resto dell’opinione che, con il passare del tempo, l’ebook avrà la meglio sul libro cartaceo; forse non nel mio arco di vita, ma, lo ripeto, penso che tra tantissimi anni i libri cartacei diverranno inutili, e questo naturalmente sarebbe un terribile prezzo da pagare per l’avanzare dell’editoria digitale.

martedì 20 maggio 2014

Proposta: Lettura condivisa

Domenica ho chiesto sulla pagina Facebook del blog quanto potesse interessare ai miei lettori provare a fare una "lettura condivisa", scegliendo un libro da leggere e commentare insieme. Con "insieme" intendo che ognuno leggerà autonomamente il libro che avremo scelto, e ci si potrà confrontare in uno spazio apposito, preferibilmente su Facebook, anche se posso postare le mie impressioni anche qui.

Per quanto riguarda la scelta del libro, copio e incollo quanto già scritto su Facebook.

Pensavo che da stasera/domani fino a domenica 25 potremmo proporre i libri, e votarli tra il 26 e e il 30 giugno. La lettura partirà il 5, per dare tempo a tutti di procurarsi il testo.
Sono abbastanza aperta, anche se preferirei non leggere thriller e fantasy che non mi vanno tanto giù.
Le mie proposte sono:

CLASSICI:
Papà Goriot - Balzac
La fortuna dei Rougon - Zola. (è il primo libro dei Rougon - Macquart, temo però sia reperibile facilmente solo in ebook).

LETTERATURA CONTEMPORANEA
La settimana bianca - Carrère
La novella degli scacchi - Zweig

NARRATIVA
La ragazza che hai lasciato - Moyes

Se siete interessati vi invito quindi a proporre altri libri che vorreste leggere, scrivendolo o qui nei commenti o, meglio, sulla pagina Facebook.

Facciamo questo esperimento!

lunedì 19 maggio 2014

Recensione "Fino all'ultimo respiro" - Rebecca Domino

SINOSSI: Allyson Boyd è una diciassettenne come tante, nata e cresciuta ad Avoch, piccolo paesino scozzese. Un
giorno deve andare a portare dei compiti a una ragazza della sua stessa scuola, Coleen Hameldon, e la sua vita cambia per sempre. Perché lei e Coleen diventeranno migliori amiche. E perché Coleen sta lottando da due anni e mezzo contro la leucemia.
Nella vita di Allyson entrano parole come chemioterapia, effetti collaterali, trapianto di midollo osseo, ma Coleen non vuole compassione. Vuole solamente una vita normale; una vita fatta di risate, scherzi, esperienze, viaggi, musica, chiacchiere e confidenze, fino a quando non sarà costretta a prendere una decisione che cambierà la sua vita, quella di Allyson e delle altre persone che le vogliono bene. 
È possibile non avere paura della morte? 
Ed è possibile insegnare a vivere?

Una storia sulla speranza, un inno alla vita. Un romanzo che ci ricorda il coraggio quotidiano di tutti gli adolescenti che lottano contro il cancro e quello degli amici al loro fianco.


Ho letto Fino all'ultimo respiro in due giorni, riprendendolo in mano in ogni momento libero, conscia di come sarebbe andato a finire ma ugualmente in attesa.
La storia non è particolarmente originale - mi sono tornati in mente La custode di mia sorella di Jodi Picoult e Voglio vivere prima di morire di Jenny Downham  - ma il tono del racconto, commovente ma mai patetico, sempre sobrio, rende la lettura interessante. Assistiamo allo sbocciare di un'amicizia vera, profonda, di quelle che si possono vivere solo quando si è molto giovani. Allyson vede oltre la malattia di Coleen, e riescono a costruire un legame solido, a donarsi l'una all'altra. La gioia di vivere, il coraggio, la speranza oltre la morte.
Per quanto riguarda lo stile, ci sono poche sbavature da segnalare: alcune ripetizioni, la mania dell'autrice di mettere sempre il soggetto ad ogni nuova frase, e il ricorso ad alcuni termini desueti, o forse tipici di una particolare area geografica, come "giacchetto" al posto di "giubbotto".
Curiosa la scelta, da parte dell'autrice, di ambientare la storia in un paesino della Scozia, e non in Italia: le strade del paesino e i personaggi sono molto credibili, ma dovevo continuamente ricordare a me stessa che non stavo leggendo un romanzo inglese tradotto. Non sono sicura di condividere questa scelta.
I punti deboli del romanzo - che forse avrebbe dovuto essere più corto, più fulmineo - sono essenzialmente due: alcuni rapporti interpersonali sono trattati in maniera un po' superficiale, come quello di Allie col fidanzato Scott, e trovo vi sia discrepanza tra l'anno in cui è ambientata la storia, l'età delle ragazze, e la descrizione dei loro atteggiamenti: Allie è una diciottenne del 2013, ma ci viene descritta come se fosse una ragazzina più piccola, che a me pare appena uscita dagli anni Novanta.  Probabilmente l'autrice, che ha pochi anni più di me, faceva riferimento a quando lei era diciottenne: il mondo galoppa, decisamente, e "noi" nate negli anni Ottanta siamo già "vecchie"

Riflessione personale, che ha poco a che vedere con la scelta dell'autrice: Coleen è malata, ed è una persona meravigliosa. Ha un sorriso bellissimo, fa coraggio a tutti, e non ha mai paura. Non so, forse avrei preferito vedere una persona più vera, più arrabbiata, meno perfetta, ecco.

Blog Tour di "Il Giardino degli Aranci - Il Mondo di Nebbia" di Ilaria Pasqua

Novità nuovissima per Scusate devo andare a leggere: il primo blogtour con giveaway!Il mio turno è la prossima settimana, ricordatevelo! Potete vincere una copia de Il Giardino degli aranci - Il mondo di nebbia.

“Si possono cancellare i ricordi, forse, ma ciò che abbiamo vissuto ritorna sempre a tormentarci, in una forma o nell’altra”

TITOLO: Il Giardino degli Aranci - Il Mondo di Nebbia
AUTORE: Ilaria Pasqua
GENERE: Distopico/Urban Fantasy
PAGINE: 292
PREZZO: 1.99€
FORMATO: Ebook (epub, pdf, mobi)
EDITORE: Nativi Digitali Edizioni
DATA DI PUBBLICAZIONE: 14 Maggio 2014
LINK PER L'ACQUISTO: http://www.natividigitaliedizioni.it/prodotto/il-mondo-di-nebbia




TRAMA:
Il Mondo di Nebbia, dove Aria e il fidato amico Henry vivono e frequentano un liceo come tanti altri ragazzi, nasconde dei segreti inquietanti, come incubi che prendono forma e sono in qualche modo collegati ai Cinque Sacerdoti, misteriosi individui che controllano la città.
Aria non è però una ragazza come tutte le altre: in quel mondo ha la sensazione di "girare a vuoto", e dentro di sé sospetta che dietro ai suoi incubi ci siano verità dimenticate... sarà l'incontro con Will, che come lei sembra frustrato e insoddisfatto da quella realtà, a rivelarle che tutto quello in cui credeva prima è nient'altro che un'illusione. Qual è la verità dietro quel mondo? Chi sono i Cinque? E in che modo Aria ha il potere di cambiare tutto?
"Il mondo di nebbia", ora con un nuovo editing, è la prima parte della trilogia fantasy-distopica "Il Giardino degli Aranci". Ilaria Pasqua ci guida in un mondo ricco di misteri, una realtà che sembra annullare i ricordi dolorosi, ma che nasconde molte ombre. Sarà la strana brigata di Aria, Will ed Henry, unita da una forte amicizia (ma non solo) a squarciare i veli della nebbia?

IL BLOG TOUR

Il Blog Tour di "Il Giardino degli Aranci - Il mondo di Nebbia" vi presenterà, in dieci tappe, i primi due capitoli del romanzo divisi in estratti ognuno dei quali sarà pubblicato da un blog differente. Ad ogni tappa del blog tour sarà associato un Giveaway della durata di una settimana, che in cambio di un mi piace alla pagina Facebook dell'editore Nativi Digitali Edizioni e del blog ospite vi dà la possibilità di vincere una copia dell'ebook (in .epub, .mobi o .pdf, come preferite) per ogni singola tappa! Altre azioni social come un tweet o l'iscrizione a una mailing list danno più punti per aumentare la possibilità di essere estratti tramite l'applicazione Rafflecopter, che decreterà il vincitore. In questo modo, se la fortuna non è dalla tua durante una tappa potrai riprovare in quelle successive!




CALENDARIO BLOG TOUR

Prima Tappa: 19-25 maggio - Blog ospitante: Terre di Arret

Seconda Tappa: 26-01 giugno - Blog ospitante: Scusate, devo andare a leggere

Terza Tappa: 02-08 giugno - Blog ospitante: Emozioni in Font

Quarta Tappa: 09-15 giugno - Blog ospitante: Atelier di una lettrice Compulsiva

Quinta Tappa: 16-22 giugno - Blog ospitante: Il giardino delle rose

Sesta Tappa: 23-29 giugno - Blog ospitante: Toccare il cielo con un libro

Settima Tappa: 30-06 luglio - Blog ospitante: Peccati di Penna

Ottava Tappa: 07-13 luglio - Blog ospitante: Gilly in Booksland

Nona Tappa: 14-20 luglio - Blog ospitante: Scribacchiando in Soffitta

Decima Tappa: 21-27 luglio - Blog ospitante: I Libri di Lo




sabato 17 maggio 2014

Ellera Edizioni

Post anomalo, quello di oggi.
Invece di pubblicizzare una prossima uscita, o un romanzo "in lista", voglio presentare direttamente una casa editrice.

A scanso di equivoci, ricordo a tutti i lettori di Scusate, devo andare a leggere, che con gioia vedo crescere continuamente, che il blog è indipendente. Ricevo, e pubblico, comunicati stampa dalle case editrici, come ricevo - da editori o da autori indipendenti - e recensisco per voi le uscite più recenti, ma il tutto a titolo assolutamente gratuito.
Di conseguenza, pubblicizzo su queste pagine solo i progetti che credo meritino attenzione e appoggio, e se ricevo romanzi che non mi piacciono lo scrivo...

Fatta questa premessa, veniamo all'oggetto del post, che è la Ellera Edizioni, casa editrice nata alla fine del 2013 e specializzata nella pubblicazione di libri digitali.
Ellera Edizioni crede - come la sottoscritta, ed è per questo che sto scrivendo questo post - che l'ebook non vada visto come un antagonista del libro tradizionale, ma che anzi debba affiancarlo. Altro punto fermo è la convinzione che l'editore debba pubblicare solo ciò che gradisce leggere: attualmente Ellera Edizioni sta percorrendo una strada a "due corsie".
Da una parte, si dedica alla pubblicazione in formato digitale di quei classici (o quasi) della letteratura italiana ritenuti ancora attuali e utili alla comprensione del mondo di oggi, e dall'altra si occupa di esordienti (o quasi), coi quali condivide una linea di pensiero.

Della prima linea fanno parte, ad oggi, i classici della Scapigliatura, nella convinzione che l'esperienza di questi autori possa dare oggi un'indicazione, mostrare come vivere questi anni di crisi.

Con gli esordienti intendono invece creare un rapporto duraturo, scommettendo sulla loro crescita: si tratta, in definitiva, di un editore che si propone di avere una forte personalità e riconoscibilità.
Non ci sarebbe bisogno di dirlo, "in un mondo perfetto", come mi ha scritto Francesco Margstahler della Ellera, ma agli autori esordienti NON è richiesto alcun contributo per pubblicare.

Obiettivo della Ellera Edizioni è quello di fare cultura attraverso gli ebook, creando prodotti che possano "fare catalogo", dedicando attenzione alla cura editoriale.

Attualmente mi hanno gentilmente offerto da leggere La scomparsa di Massimiliano Arlt dell'esordiente Primo Canu: come credo sappiate, tra letture condivise, Leggere a Colori, collaborazioni con esordienti vado abbastanza a rilento con le letture, ma prima o poi arriverà anche la recensione di questo romanzo!

Gli ebook di Ellera Edizioni li trovate presso tutti i grandi rivenditori.
Ho fatto un piccolo giro esplorativo e mi sembra meriti attenzione anche il blog della casa editrice. L'ebook che hanno inoltrato a me sembra davvero curato nei dettagli.


giovedì 15 maggio 2014

"Basta che si legga?"

ATTENZIONE!
Avvertenza: post ad altissimo contenuto di snobismo.

L'avvertenza iniziale, a scanso di equivoci, vuole essere ironica e come tale spero venga intesa. Quello che segue, lungi da essere un post "snob", è un post poco buonista. Ciò che intendo, insomma, è soffermarmi su alcuni luoghi comuni che si sentono dire / si leggono a proposito della lettura, abbandonando il politically correct che spesso finisce per diventare uno strumento per livellare il livello culturale delle persone e, come si sa, ogni livellazione è verso il basso.

Spesso si sente dire, di fronte a scelte di letture di dubbia (o certamente scarsa) qualità, come possono essere Fabio Volo, Clara Sanchez, Margaret Mazzantini - lo so, è un'autrice molto stimata: non sono tra coloro i quali l'apprezzano, anzi - le Cinquanta sfumature che "l'importante è che si legga", o che "il libro susciti un'emozione".

Mi dispiace, non sono d'accordo con le seguenti affermazioni. Cominciamo dalla prima. Sicuramente, si comincia a leggere partendo da testi più o meno "facili", come i classici che ci fanno leggere da bambini - penso a Heidi, a Incompreso, a Senza famiglia, giusto per citare cose molto tristi che mi piacciono molto - o altri romanzi scritti appositamente per ragazzi e piano piano, inevitabilmente, si approda a testi più complessi.
Insomma: nessuno di noi è passato direttamente dal latte materno all'arrosto. Ci va il passaggio intermedio.
Qualcuno, invece, salta questo primo passaggio, o ricomincia a leggere dopo anni, e sceglie uno di quei prodotti editoriali (non libri!) sopra citati. In proposito, spesso si sente dire "sì, dai, leggi Volo, poi magari ti fa venire voglia di leggere qualcos'altro". Mi spiace, non sono sicura che possa essere così. Sicuramente, a qualcuno può succedere di passare da La strada verso casa a Delitto e Castigo, senza mai aver portato a termine letture "serie" prima di FabioVolo, ma si tratta di una minoranza così esigua che possiamo tranquillamente tralasciarla.
Del resto, non credo che chi impara a mangiare BigMac possa passare a raffinati flan di verdure o al foie gras. Al junk food approda, e al junk food rimane. Non è un cibo "di passaggio". E di chi mangia solo McDonald non diremmo mai "ma sì, in fondo, basta che mangi".
Mi dispiace, io non credo che basti che si legga. Ci sono testi che non ti danno nulla, non ti arricchiscono, non ti portano a riflettere, non ti fanno diventare una persona "migliore", nel senso di più aperta e attenta alla realtà. Non ti nutrono, quindi. Ma ti fanno male - come mangiare un BigMac al giorno - perché ti tengono a un basso livello di conoscenza, ti fanno credere di essere in grado percepire qualcosa di profondo quando invece ti tengono a mollo in acque scandalosamente basse.
L'ho detto, e mi sono sentita urlare contro: leggere non è obbligatorio. Piuttosto che leggere "brutta letteratura", o "brutti fenomeni editoriali", lasciate perdere. O prendete un Topolino, che almeno diverte. E insegna un sacco di cose.

L'altra frase fatta è "basta che ti emozioni". Anche qui, non sono d'accordo. L'emozione è il livello base, è il primo step della conoscenza. Davvero ci vogliamo accontentare di fermarci qui? Al primo livello, quello rasente alla superficie?A lasciare che un mestierante susciti - sapientemente - in noi o il piantino o la risata? Davvero vogliamo farci pilotare?
Io dico di no. Dopo l'emozione c'è la riflessione. C'è il confronto con quello che stai leggendo. C'è l'applicazione di quello che hai letto alla realtà. C'è il sentimento, generato da quell'emozione primordiale: il sentimento di aver capito, di aver fatto tuo quel romanzo, quella storia. Meglio ancora, c'è il sentimento del "non aver capito", che ti porta ad approfondire, a cercare, a scoprire.

E' precisamente a questo, secondo me, che deve arrivare chi davvero vuole leggere.

Mi si può obiettare che.. non sempre si possono leggere i classici, che bisogna svagarsi. Giustissimo: sono la prima, lo scrivevo di recente, a leggere romanzi da ombrellone anche d'inverno. Ma anche qui, ci sono diverse letture di evasione: romanzi scritti meglio o peggio, autori più o meno onesti. Tra il classico, la lettura impegnativa, e il prodotto editoriale fatto apposta per essere venduto, per diventare di moda, c'è tutta una letteratura minore onesta che merita di essere presa in considerazione.

Altrimenti, niente ci vieta di fare le parole crociate, o di leggere Topolino. 

sabato 10 maggio 2014

Cosa sto leggendo?

Mi sono resa conto, tra una recensione e l'altra, che ho un po' trascurato l'aspetto cosa sto leggendo, delegando al gadget sulla destra il compito di informare i miei lettori su quali letture ho in corso.

E' giunto il momento di rimediare: in lettura, attualmente, ci sono - contrariamente al solito - due libri: uno cartaceo e uno sul Kindle.
Il cartaceo è Villette, di Charlotte Brontë (pubblicato per la prima volta nel 1853), della quale ho letto e riletto, e amato, Jane Eyre. In Villette, per ora, si respira la medesima atmosfera "romantico-gotica": meravigliose le descrizioni della fredda protagonista dei sentimenti altrui, e il suo simbiotico rapporto con la natura. 
Dopo una serie di letture contemporanee, e molto rapide, sono contenta di avere la possibilità - che ho avuto, recentemente, con Oblomov e Dalla parte di Swann - di godermi una lettura lenta, meditata e profonda.

Il libro "kindle", che sto leggendo per conto di Leggere a Colori è Apri gli occhi, di Chiara Vitetta: la
recensione di questo romanzo non apparirà qui, ma sto meditando di intervistare l'autrice, quando avrò terminato la lettura, siccome il libro sta destando positivamente il mio interesse. Protagonisti della vicenda sono - per ora - un barbone e una prostituta. A rendere affascinante il romanzo contribuisce il gioco di citazioni e riferimenti intertestuali.

E voi? cosa state leggendo?

venerdì 9 maggio 2014

Salone del Libro 2014

Giretto al Salone, in mattinata, con la mamma. E' sempre un'idea saggia portarsi qualcuno che possa pagare per te, quando si fanno queste "gite".

Dunque... il Salone del Libro è, per i lettori, una sorta di Paese dei Balocchi, di Gardaland. Tante cose da guardare, tante tentazioni. E soprattutto, ahimé, tanta gente.
Tantissima, troppa: scolaresche, comitive che ovunque vorrebbero essere tranne che nei padiglioni nel Lingotto. Una confusione che disturba, insomma. E che si accalca agli stand dei grandi editori: Mondadori, Newton Compton, Giunti ecc sono inavvicinabili. Non che me ne importi molto, del resto...
Consigli pratici per chi volesse andare nei prossimi giorni: scarpe comode, e abiti molto leggeri!
Oltre a curiosare per i piccoli editori, le mete sono Sellerio, Fazi, Adelphi, Priuli & Verlucca.

Venendo agli acquisti... Primo stop allo stand de La Spiga Edizioni, dove ho recuperato un'edizione - ridotta, of course - di Dubliners di Joyce. Per la serie: proviamoci, ogni tanto, a leggere in inglese!

Sosta decisamente più lunga al banchetto delle Edizioni del Baldo. Oltre a una copia di Heidi, mia grandissima passione, che non possedevo in cartaceo, sono venuti via con me un quadernetto di viaggio, sul quale io e Stefano racconteremo la nostra prossima vacanza in bici (Lago di Costanza? speriamo!) e tutta una serie di libri di ricette per prepararmi al mio futuro di "donna di casa".














Sosta lunga anche da Sellerio: mi sono rigirata tra le mani a lungo La figlia di Clara Uson, ma alla fine ho desistito: ho paura sia una lettura troppo "storica", non adatta a me.  Niente nemmeno alla Fazi, che forse dovrei chiamare "Casa di Stoner": siccome sono arrivata a pagina 13 del libro più citato del 2013, per poi chiuderlo infastidita dalla prosa così secca, ho deciso che per ora non aggiungo alla mia biblioteca altri libri di Williams.

Lo stand dell'Adelphi è forse tra i più belli di tutto il Salone, con quei librettini tutti uguali, ma di colori diversi allineati. Semplicemente stupendo. Lì, la mamma ha comprato Le braci di Marai. E io?
Beh... come era ovvio, non mi sono lasciata scappare La settimana bianca di Carrère,appena ri-editato da Adelphi. E dopo aver riflettuto a lungo, ho deciso che alla mia collezione non poteva mancare una copia cartacea de L'avversario, che per adesso è forse il libro (tra i contemporanei, ovviamente) più amato del 2014.


E poi... non è finita qui. Oltre che libri, al Salone si trovano spesso oggetti curiosi, particolari. Un piccolo stand di lampade, di produzione torinese, non poteva non attirare la mia attenzione. Una lampada nera con la sagoma della Mole... starà bene nella mia casetta tedesca? Per maggiori informazioni, guardate qui.

martedì 6 maggio 2014

Presentazione: ""Come lacrime nella pioggia" e ""Fino all'ultimo respiro" - Sofia e Rebecca Domino

Presento volentieri i due nuovi romanzi di Sofia e Rebecca Domino, autrici di due libri sulla Shoah segnalati a febbraio
Questa volta, le due ragazze hanno lavorato senza un tema comune. Di seguito, le copertine dei due ebook, le sinossi e i link utili.

Ho appena finito Fino all'ultimo respiro, di Rebecca Domino, del quale posterò una recensione corredata da intervista all'autrice. 

Come lacrime nella pioggia - Sofia Domino
A ventidue anni Sarah Peterson è una comune ragazza di New York, appassionata di fotografia e di viaggi.
A quindici anni Asha Sengupta è una giovane ragazza indiana, venduta come sposa da suo padre.
D’improvviso il presente di Sarah s’intreccia con quello di Asha. L’amicizia tra due ragazze, diverse ma uguali, spiccherà il volo. Non solo Sarah si ritrova, con il suo fidanzato, a vivere per lunghi periodi in un villaggio remoto dell’India, ma scoprirà che cosa si nasconde in un Paese magico e allo stesso tempo terrorizzante.
Asha farà di tutto per lottare per i suoi sogni, per avere dei diritti paritari a quelli degli uomini e per continuare a studiare, perché non vuole sposarsi così giovane, e non vuole sposare chi non ama. Sarah si schiererà dalla sua parte, ma nel suo secondo viaggio in India scoprirà che Asha è scomparsa. 
Liberarla dalla trappola in cui è caduta, per Sarah diventerà un’ossessione.
Un romanzo che fa luce su una verità dei giorni nostri, una storia di violenze, di corruzioni, di diritti negati. Una storia sull’amicizia. 

Una storia in grado di aprire gli occhi sull’India, il Paese peggiore in cui nascere donna.


Fino all'ultimo respiro - Rebecca Domino
Allyson Boyd è una diciassettenne come tante, nata e cresciuta ad Avoch, piccolo paesino scozzese. Un
giorno deve andare a portare dei compiti a una ragazza della sua stessa scuola, Coleen Hameldon, e la sua vita cambia per sempre. Perché lei e Coleen diventeranno migliori amiche. E perché Coleen sta lottando da due anni e mezzo contro la leucemia.
Nella vita di Allyson entrano parole come chemioterapia, effetti collaterali, trapianto di midollo osseo, ma Coleen non vuole compassione. Vuole solamente una vita normale; una vita fatta di risate, scherzi, esperienze, viaggi, musica, chiacchiere e confidenze, fino a quando non sarà costretta a prendere una decisione che cambierà la sua vita, quella di Allyson e delle altre persone che le vogliono bene. 
È possibile non avere paura della morte? 
Ed è possibile insegnare a vivere?

Una storia sulla speranza, un inno alla vita. Un romanzo che ci ricorda il coraggio quotidiano di tutti gli adolescenti che lottano contro il cancro e quello degli amici al loro fianco.



lunedì 5 maggio 2014

Presentazione: "Il giardino degli aranci - Il mondo di nebbia" - Ilaria Pasqua. Nativi Digitali Edizioni

Uscirà il 14 maggio la nuova pubblicazione della casa editrice digitale Nativi Digitali Edizioni.
Il mondo di Nebbia è  prima parte di una trilogia distopica/urban fantasy, Il giardino degli aranci. L'ebook, già pubblicato precedentemente dall'autrice in self-publishing, è stato sottoposto a nuovo editing

SINOSSI: Il mondo di Nebbia, dove Aria e il fidato amico Henry vivono e frequentano un liceo come tanti altri ragazzi, nasconde dei segreti inquietanti, come incubi che prendono forma e sono in qualche modo collegati ai Cinque Sacerdoti, misteriosi individui che controllano la città. 
Aria non è però una ragazza come tutte le altre: in qualche modo ha la sensazione di "girare a vuoto" e dentro di sé sospetta che dietro ai suoi incubi ci siano verità dimenticate...sarà l'incontro con Will, che come lei sembra frustrato e insoddisfatto da quella realtà, a rivelarle che tutto quello in cui credeva prima è nient'altro un'illusione.  Qual è la verità dietro a quel mondo? Chi sono i Cinque? E in che modo Aria ha il potere di cambiare tutto? 

L'AUTRICE: Ilaria Pasqua nasce a Roma e si laurea alla magistrale del DAMS. Da sempre coltiva la passione per il cinema e la letteratura, ma anche per la scrittura che ha il tempo di approfondire durante gli anni dell'Università. Da quando ha ricevuto il primo sì e ha capito che poteva davvero scrivere non si è più fermata. 
Ha messo in piedi un sito internet con un blog in cui si diverte a pubblicare a recensioni e cerca di star dietro a tutte le idee che la braccano.
Dopo Il bambino nascosto del buio, in pubblicazione con La Ponga Edizioni, e Le tre lune di Panopticon in uscita per Lettere Animate Editore, con Nativi Digitali Edizioni pubblicherà la trilogia Il giardino degli Aranci. 


A questo link, dal 14 maggio, potrete scaricare l'ebook.

domenica 4 maggio 2014

Recensione: "Il bizzarro incidente del tempo rubato" - Rachel Joyce

Trama (da Amazon.it): Nel 1972 Byron Hemmings ha undici anni e una vita perfetta: vive in una grande casa elegante, ha una mamma impeccabile che fa impallidire tutte le altre, frequenta una scuola privata che è l'anticamera di una carriera dorata e il suo migliore amico, James, è il ragazzino più sveglio che conosca. Tanto sveglio da leggere il Times e da scovare la notizia del secolo: quell'anno verranno aggiunti due secondi al tempo, per allineare gli orologi al movimento naturale della Terra. Mentre James considera l'evento l'ennesima conquista del Ventesimo secolo - l'uomo è persino andato sulla Luna - per Byron quei due secondi diventano un'inquietante ossessione: come si può alterare il tempo senza provocare conseguenze irreparabili? La conferma ai suoi dubbi arriva la mattina in cui, come sempre, la mamma lo sta portando a scuola con la sua Jaguar fiammante: è in ritardo e, per fare più in fretta, rompe lo schema ordinato di ogni giorno imboccando una strada nuova. Dalla fitta nebbia sbucano case fatiscenti, alberi giganteschi e, all'improvviso, una bambina su una bicicletta rossa. Proprio mentre Byron vede le lancette del suo orologio andare indietro di due secondi. Poi tutto sembra tornare normale: la mamma non si è accorta di nulla, la scorciatoia li ha fatti arrivare puntuali e il tempo ha ricominciato a scorrere con il suo ticchettio regolare. Soltanto Byron sa che quell'attimo ha cambiato ogni cosa, che la sfera perfetta della sua esistenza si è impercettibilmente incrinata.

Titolo originale de Il bizzarro incidente del tempo rubato è Perfect. In italiano sono state usate quattro parole al posto di una. Il titolo italiano suggerisce qualcosa di completamente diverso da quello che si trova nel romanzo. Non c'è niente di bizzarro in questo libro. La storia raccontata è normalissima: si tratta di una storia di ordinaria follia, di dolore. Di abbandono, di silenzio, di non detti.
Della stessa autrice avevo già letto - e apprezzato a metà - L'imprevedibile viaggio di Harold Fry - e mi sono accostata con curiosità a questa seconda opera, che alcuni mi hanno detto essere "migliore" di Harold Fry. 
La narrazione si sviluppa seguendo due piani narrativi diversi: in quello principale, siamo nel 1972 e la voce narrante è quella di Byron, che racconta la storia della sua famiglia, degli avvenimenti che seguiranno a quei due secondi aggiunti, che non ci dovrebbero essere (ecco, allora perché "tempo rubato", nel titolo italiano?): la dimensione del tempo è fondamentale. Nel piano "secondario", invece, assistiamo ad altre vicende attraverso gli occhi di Jim, cinquantenne "disturbato" che per sentirsi tranquillo deve compiere, giornalmente, tutta una serie di rituali, che ruotano intorno ai numeri. E' solo verso la fine che capiamo quale relazione intercorre tra Byron e Jim: prima non vi sono abbastanza elementi e - anzi - si rischia di farsi portare fuori strada. Almeno, questo è capitato a me.  
Il romanzo, come dicevo, è estremamente triste: come L'imprevedibile viaggio di Harold Fry, il messaggio finale vorrebbe essere di speranza, ma qui l'ho trovato un po' forzato. Come se non ci fosse modo di uscire da questa rete di tristezza, di dolore, di solitudine. 
Con un ritmo serrato, mirando a farci vedere le cose dall'interno, con gli occhi dei personaggi, la Joyce ci presenta una famiglia borghese degli anni Settanta, e una donna, Diana, che si comporta in maniera impeccabile ma nasconde una grande fragilità, che basterà un urto dato a una bicicletta per far tornare a galla. Alcuni elementi potevano, da una parte, essere approfonditi meglio: il passato di Diana, il suo rapporto di amicizia con Beverly, mamma della bambina che ha (o non ha?) investito, l'egoismo di Beverly, le paure di Byron. D'altra parte, però, il ritmo così serrato e lo stile claustrofobico restituiscono perfettamente questo mondo sconvolto, il rumore delle certezze che vacillano, e il silenzio dell'abbandono. 

Se avessi scritto questa recensione a metà libro credo che l'avrei stroncato completamente. E' un romanzo che si rivela pagina dopo pagina, il cui vero significato emerge alla fine. Lo stile, diverso da quello di Harold, più fresco, contribuisce tantissimo alla comprensione del messaggio, e mostra  - secondo me - il valore dell'autrice.
Però... l'ho trovato davvero troppo triste, troppo. Probabilmente sono stata fuorviata anche dalla traduzione del titolo, ma in questo momento non ci voleva questa lettura così... malinconica, e lo stile, così soffocante, non  mi è congeniale.



giovedì 1 maggio 2014

Recensione (?): "Limonov" - Emmanuel Carrère.

SINOSSI (da Amazon.it): Limonov non è un personaggio inventato. Esiste davvero: "è stato teppista in Ucraina, idolo dell'underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell'immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe, ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio" si legge nelle prime pagine di questo libro. E se Carrère ha deciso di scriverlo è perché ha pensato "che la sua vita romanzesca e spericolata raccontasse qualcosa, non solamente di lui, Limonov, non solamente della Russia, ma della storia di noi tutti dopo la fine della seconda guerra mondiale". La vita di Eduard Limonov, però, è innanzitutto un romanzo di avventure: al tempo stesso avvincente, nero, scandaloso, scapigliato, amaro, sorprendente, e irresistibile. Perché Carrère riesce a fare di lui un personaggio a volte commovente, a volte ripugnante - a volte perfino accattivante. Ma mai, assolutamente mai, mediocre. Che si trascini gonfio di alcol sui marciapiedi di New York dopo essere stato piantato dall'amatissima moglie o si lasci invischiare nei più grotteschi salotti parigini, che vada ad arruolarsi nelle milizie filoserbe o approfitti della reclusione in un campo di lavoro per temprare il "duro metallo di cui è fatta la sua anima", Limonov vive ciascuna di queste esperienze fino in fondo...


Dunque.. il titolo del post dice "Recensione (?)". Quel punto interrogativo significa che, un po' come Carrère, mi sto continuamente interrogando su quanto sto per scrivere. Dopo averlo finito, mi sono scaricata una sorta di scheda di lettura del testo, che mi ha chiarito alcuni punti oscuri della storia contemporanea della Russia, e ho letto diverse recensioni. Un po' perché, essendo parecchio giovane, non sono sicura di avere gli strumenti  adatti a capire appieno le vicende narrate da Carrère, e un po' perché quando il mio parere è così diverso da quello "principale", che è unanime, mi viene spontaneo chiedermi se non mi sia sfuggito qualcosa.

Partiamo dal principio: come scrivevo prima, di storia della Russia so veramente pochino, sia perché sono giovane, e certe cose sono ancora "cronaca", sia perché - purtroppo - studiare storia non mi ha mai appassionato particolarmente. Carrère dà parecchi avvenimenti per scontati, limitandosi a tratteggiarli: grazie al saggio (in francese) che ho scaricato ho capito qualcosina di più, ma non tutto. Poi: questo personaggio Limonov (diverso da quello vero? il ritratto più o meno fedele di quello vero? boh!) non mi è piaciuto per nulla. L'ho trovato un disadattato, con ridicole smanie da maledetto, dall'inizio alla fine, e anche il suo confuso pensiero politico mi è sembrato perennemente adolescenziale (la lettura del saggio, di nuovo, mi ha aiutata a capire alcune particolarità del personaggio, e i motivi del successo di determinate idee politiche in Russia). Pertanto credo che parte del mio scontento, durante e dopo la lettura, sia dovuto al fatto che il personaggio, oltre a non interessarmi particolarmente, non mi è piaciuto. Mai, in nessun momento della vicenda.

Come sempre, Carrère scrive bene, molto. E ancora una volta, dopo L'avversario e Vite che non sono la mia racconta con dovizia di particolari la vita di qualcun'altro. Più che una biografia, Limonov mi sembra il resoconto di un'interazione tra due personaggi (e non persone): Carrère e Limonov. E qui, nello sforzo di attribuire a Limonov un'aria da eroe, Carrère fa una magra figura. Un po' come se si sentisse inferiore: per appartenere a una classe sociale "superiore", per avere avuto una vita "normale" e via discorrendo.
La domanda fondamentale, secondo me, è: perché? Perché Carrère vuole raccontarci la storia di Limonov? Perché gli interessa tanto? Perché lo chiama "eroe" dalla prima pagina all'ultima? E soprattutto, cosa ne pensa?

La risposta è - secondo me - : non si sa. Ho l'impressione - che non credo verificherò, perché il personaggio-Limonov, dicevo, non mi interessa - che Carrère abbia "parafrasato" i libri di Limonov, facendo un'analisi socio-politica (sommaria, a parer mio) basandosi tanto sul lavoro della madre.  Anche qui, come nei romanzi precedenti, Carrère si interroga sui personaggi di cui sta parlando. Eppure... qui mi sembra che l'analisi rimanga sempre a uno stadio superficiale. Come se non riuscisse a spiegarsi perché questo personaggio lo affascina tanto, e quindi finisce per non spiegarlo nemmeno a noi. Non ci sono riflessioni complesse, non entrano in gioco né la morale né la legalità né nient'altro. Ci si ferma al primo stadio, alla fascinazione pura e semplice. Adolescenziale, come adolescenziale è Limonov.

Probabilmente, ripeto, il mio parere negativo è dovuto a una scarsa conoscenza della storia, e a uno scarso interesse verso il personaggio.

Ad ogni modo, io preferisco l'Emmanuel de L'avversario e di Vite che non sono la mia. 

Qui, un parere contrastante.