Questo perturbante, stringatissimo noir è da molti considerato il romanzo più perfetto di Emmanuel Carrère – l’ultimo da lui scritto prima di scegliere una strada diversa dalla narrativa di invenzione.
La settimana bianca è il quarto romanzo di Carrère letto nel 2014: avevo acquistato il cartaceo in occasione del Salone del libro, ma prima di me l'aveva letto (e recensito) Stefano.
La storia è semplice, lineare. Protagonista è Nicolas, un bambino fragile, "strano", che ha molta paura del confronto con gli altri, arrivando a temere una settimana in vacanza. Si ammala quasi subito, e vorrebbe che questa sua malattia durasse all'infinito, fino al ritorno a casa, per non dover vivere appieno la settimana bianca. Più che vivere, infatti, Nicolas preferisce sognare, immaginare, meglio se storie spaventose, orribili.
Ed è proprio per questo che verso la fine del romanzo arriva a inventare un qualcosa di mostruoso, per non uscire da questo suo mondo immaginato, per trovare un modo per sentirsi importante. E purtroppo, ciò che Nicolas inventa altro non si discosta di molto dalla verità, molto più orribile. Verità che noi abbiamo già intuito da qualche pagina. Il ritmo, infatti, è abbastanza angosciante, elemento caratteristico della scrittura di Carrère.
Nicolas potrebbe sembrare un bambino disturbato, oppresso da un ambiente familiare anormale, che nasconde qualcosa. Eppure... sicuramente vi è qualcosa di strano in lui, ma è impossibile non capirlo, non sentirci lui, riconoscere noi, bambini spaventati, in quella figura solitaria. Almeno, per me è così.
Ho apprezzato molto la lettura de La settimana bianca, ma non l'ho vissuto come un libro di Carrère nel senso pieno del termine. Preferisco i romanzi in cui l'autore si discosta dalla narrativa di invenzione e si mette in gioco, prende posizione, si interroga, ci spinge a farci domande.
Consigliato, ad ogni modo... come sempre!
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