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domenica 16 giugno 2013

La cugina americana–F. Segal

Trama (da qlibri): Hampstead Garden, nordovest di Londra, è il quartiere della buona borghesia ebraica, ricca, istruita, liberal, solidale: tutti conoscono tutti, tutti frequentano tutti, tutti sono pronti a soccorrere chiunque si trovi in difficoltà. Adam e Rachel si conoscono da sempre, si amano dall'adolescenza, e stanno per fidanzarsi. La comunità segue l'evolversi della relazione da quando è nata, tutti aspettano il matrimonio, i figli. Tutto va come dovrebbe andare fino a quando, da New York, città di liberi costumi e strane usanze, arriva Ellie, la cugina di Rachel: bellissima, fragile, dolce, infelice, anticonformista. Ellie è una sopravvissuta, come tanti dei membri anziani della comunità: non ai campi di concentramento, ma alla morte della madre in un attentato terroristico in Israele, e alla conseguente decisione del padre di vagare per il mondo portando la piccola con sé. Tra Adam ed Ellie è amore al primo sguardo. Entrambi resistono, si evitano, si cercano, irresistibilmente attratti e irrimediabilmente divisi. Fino a quando Adam, avvocato nello studio del padre di Rachel, viene incaricato di risolvere la situazione incresciosa, pericolosa, che Ellie si è lasciata alle spalle a New York. I due sono costretti a incontrarsi, per lavoro, fino a quando una malattia di Ziva, la nonna di Ellie e Rachel, fornisce ai due innamorati impossibili l'occasione di infrangere le regole.
Sono certa che non mi piacciano i sequel, ma dopo La cugina americana di Francesca Segal mi tocca invece riconsiderare i remake, che mai avevo preso in considerazione. La cugina americana si rifà infatti, completamente e con grande precisione, a L’età dell’innocenza di Edith Wharton. La vicenda è trasportata dagli Stati Uniti a Londra, con una grande novità: i protagonisti appartengono tutti alla comunità ebraica. Scelta che all’inizio mi ha lasciato un po’ perplessa, ma piano piano mi ha convinta: la particolarità della comunità ebraica diventa un perfetto parallelo con la specificità di quella americana dei primi del Novecento. E a questo punto, la “cugina” non può che diventare, da europea d’adozione che era nel romanzo della Wharton, americana.
Ho letto svariate recensioni del romanzo, e quasi tutte negative. La cosa, devo ammetterlo, mi ha un po’ stupito. La trama non mi è parsa noiosa, anche se mi sembra sia assolutamente necessario leggere prima il romanzo della Wharton.  Certo, alcuni passaggi e alcuni dialoghi possono sembrare “ottocenteschi”, ma non dobbiamo dimenticare che la Segal fa riferimento a una comunità ben specifica, al cui interno vigono regole ben precise. E mi sembra che il romanzo arrivi, alla fine, a dimostrare che i sentimenti umani, così come le debolezze, sono eterni. Eterno il desiderio di trasgressione, eterno il bisogno, soprattutto maschile, di “sistemarsi”, eterno il coraggio delle donne.
In conclusione: è un romanzo che si lascia leggere, malgrado la lentezza della trama, ma non credo si possa pensare di coglierne tutti i significati senza aver letto (e amato) L’età dell’innocenza.

(Post pubblicato, in origine, qui)