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domenica 30 agosto 2015

Recensione: "Un'opera di bene" di Gianfranco Martana

SINOSSI (da Ellera edizioni): Diego Venturini è un affermato scrittore salernitano, arrivato a un’età tale da non dover dimostrare più nulla a nessuno. Riservato e scontroso, il suo unico contatto regolare con il mondo è il nipote Alfredo, che va a trovarlo ogni domenica per dargli una mano con l’ordinaria amministrazione. Nella loro routine un giorno irrompe Teresa, una sconosciuta che sottopone a Diego una richiesta quasi inquietante: un racconto in memoria del figlio di dieci anni scomparso poco tempo prima. L’insistenza ossessiva della donna, il suo carattere e la sua presenza saranno un elemento sufficiente a destabilizzare il precario rapporto fra i due uomini.
Un testo drammatico e vero i cui protagonisti sono travolti da non detti che diventano macigni – un noir dove il mistero della scrittura governa i destini di tutti e dove realtà e immaginazione si intrecciano fino a innescare tragedie imprevedibili.


Confesso che quando mi è stato proposto di leggere Un'opera di bene ho nicchiato leggermente, perché non amo i thriller, e ho accettato solo per la stima che mi lega agli editori di Ellera. Invece ho apprezzato molto quelle tre orette al sole di Kos in compagnia di questo libro - grafica eccellente come sempre! - che non è un thriller nel senso stretto del termine. Vi è un mistero, che percepiamo fin dalle prime pagine, ma il "delitto" vero e proprio arriva quasi alla fine.
Non ho parlato di "tre orette" a caso: Un'opera di bene è davvero uno di quei romanzi che si leggono in fretta, assaporando lo stile lineare dell'autore, privo di fronzoli. La trama è semplice e ben costruita: personalmente ho rilevato qualche ingenuità nelle ultime pagine, ma niente che mi abbia disturbato.
Ciò che è davvero ben riuscito, in questo romanzo, sono i personaggi: approfondite le descrizioni psicologiche e credibili i dialoghi, mai surreali. Diego Venturini è uno di quegli anziani scorbutici che tutti abbiamo incontrato, e la strana attrazione di Alfredo per Teresa è vera, palpabile, comprensibile. 
Le ultime pagine mi hanno lasciata colma di stupore e di amarezza: è un dramma nel dramma, quello raccontato da Martana. Uno strano scherzo del destino, dove la realtà e la bugia si confondono. E mi è parso assurdamente orribile che la bugia fosse tale.

Promossa anche la terza creatura di Ellera edizioni. Consigliato? Sì!

domenica 9 agosto 2015

Recensione - provvisoria e indecisa - di " La vita sessuale dei nostri antenati", Bianca Pitzorno

Sinossi (da ibs)"Cara Lauretta, cara cugina come me orfana e come me allevata dalla inflessibile nonna nel culto della nostra nobilissima stirpe, perdonerai mai all'autrice di avere scritto questo libro sui nostri antenati? Di averne rivelato i segreti e i peccati più insospettabili a partire dal lontano Cinquecento, quando una firma del Viceré su una pergamena rese blu il nostro sangue che prima era rosso come quello di tutti gli altri abitanti di Ordalè e di Donora? Adesso che abbiamo quasi quarant'anni, che abbiamo vissuto la liberazione sessuale e le sfrenatezze del Sessantotto, che abbiamo messo la testa a partito, non ci dovrebbe risultare così difficile accettare che anche i nostri antenati, e specie le antenate, abbiano avuto le loro storie di letto, e non sempre esemplari. Lo so che per chiunque è difficile pensare che i propri genitori hanno avuto una vita sessuale, e che se così non fosse noi non saremmo qui... E i nostri nonni, come immaginarli a rotolarsi peccaminosamente tra le lenzuola? Ma con i bisnonni non dovrebbe essere così impossibile, specie se sappiamo che hanno messo al mondo quindici figli. Per non parlare dei trisnonni e dei quadrisnonni. Senza l'attività sessuale dei nostri antenati il genere umano si sarebbe estinto. Eppure tu, Lauretta, quando accenno a questo argomento ti turi le orecchie e strilli: "Bisogna essere proprio dei maniaci sessuali per pensare a certe cose"..


Cominciato praticamente subito appena ne ho scoperto l'esistenza, e divorato in due giorni - e se aggiungiamo che ero in vacanza a Parigi e che credo superi le 400 pagine, si capisce quanto l'abbia davvero "divorato" - La vita sessuale dei nostri antenati è sostanzialmente una grande saga familiare, che ripercorre la storia di una famiglia borghese, con particolare attenzione alla generazione vissuta a cavallo tra 800 e 900: la generazione dei nonni di Ada, professoressa di lettere classiche che, trentasettenne nei primi anni Settanta, ci mostra cosa abbia significato per le donne il Sessantotto.

E' avvincente, tanto. Il personaggio di Ada è completo, approfondito: meravigliose le descrizioni dei suoi sogni, che lei segna col proposito di raccontarli all'analista. Bellissimo il soffermarsi dell'autrice sulle sue sensazioni, soprattutto in momenti tristi: il dolore di Ada è per noi vivido, presente.
Immutata, dai tempi di Ascolta il mio cuore e Diana, Cupido e il commendatore, l'ironia dell'autrice: magistrale la scelta di inserire la voce "fuori campo" di nonna Ada, morta da tempo, che ammonisce la giovane Ada e sua nipote Ginevra mentre ne leggono il diario. Belli i rapporti di amicizia, l'affetto tra la protagonista e suo zio.
Credo che chi conosce bene l'autrice non faticherà a trovare analogie tra questo e altri romanzi: la critica alla società borghese - dalla quale Ada non si distacca, a parer mio - era già presente nei due libri per ragazzi che ho già citato, e talvolta lo zio Tancredi, che ha fatto da padre ad Ada e a sua cugina - mi ha ricordato il mitico zio Leopoldo di Ascolta il mio cuore. 

Istintivamente mi è piaciuto, eppure... Ho bisogno di rileggerlo, o di confrontarmi con qualcuno in proposito. Perché? e perché ho scritto "recensione provvisoria e indecisa"?

Perché non sono sicura di averlo capito. Il finale lascia alcuni punti oscuri, che credo lo siano solo in apparenza. Alcune cose credo di averle colte, o posso formulare delle ipotesi. Altre proprio no.
L'autrice ha dichiarato, in un'intervista, che alcuni passaggi sfuggiranno al lettore che legge in fretta per arrivare alla fine.  Io sicuramente l'ho letto così, e voglio tornare indietro per capirlo meglio.
Nel caso non mi fosse possibile chiarire i dubbi, temo di dover riconsiderare il mio giudizio su questo romanzo. Che, comunque, va giù che è un piacere.




venerdì 7 agosto 2015

A proposito di ... Dora Bruder - Patrick Modiano

Sinossi (da qlibri): 31 dicembre 1941. Sul «Paris-Soir» appare un annuncio: si cercano notizie di una ragazza di quindici anni, il suo nome è Dora Bruder. A denunciarne la scomparsa sono i genitori, ebrei emigrati da tempo in Francia. Quasi cinquant’anni dopo Patrick Modiano si imbatte in quelle poche righe di giornale, in quella richiesta d’aiuto rimasta sospesa. Non sa niente di Dora, ma ne è ugualmente attratto: cerca di ricostruirne la vita, i motivi che l’hanno fatta scappare, cerca di immaginare le sue giornate nel periodo della fuga. A poco a poco ricompone la storia dei Bruder: la nascita della ragazza, le origini dei genitori, i loro trasferimenti, l’ultimo domicilio della famiglia.


Avevo Dora Bruder sul Kindle da mesi, probabilmente da quando Modiano ha vinto il Nobel e qualcuno - credo Recensireilmondo - me ne aveva parlato come uno dei più belli dell'autore francese.
Per quanto le prime righe mi avessero colpita, avevo sempre rimandato la lettura, senza un vero perché.

Alla vigilia della partenza per una vacanza parigina, avevo sistemato nella prima "pagina" del Kindle due romanzi di Zola e Notre Dame de Paris, attualmente in lettura. Poi, in aeroporto, la decisione improvvisa di cominciare Dora Bruder. L'ho continuato la sera, e l'ho concluso il giorno dopo su una panchina nel giardino delle Tuileries. Bello, bello, bello.
Non è la trama, esilissima, a catturare. E' come l'autore racconta, mescolando il suo passato con quello di Dora e con quello dei suoi genitori. Ci parla dell'occupazione di Parigi senza essere un "libro sul Nazismo". Ma soprattutto ci parla di Parigi: della sua Parigi, di quella di Dora, di quella di Hugo.
E all'ultima pagina ho provato come una sensazione di incanto sospeso. Dora non c'è più, questo lo sappiamo. Eppure...rimangono quei suoi mesi di libertà, che ci danno l'illusione che al mondo ci si possa sottrarre e, almeno per un po', sparire.