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domenica 3 gennaio 2016

"Eva dorme" di Francesca Melandri

Sinossi (da Amazon): È l'alba. Anche stanotte Eva non riesce a dormire. Apre la finestra: l'aria pungente e dolce dell'aprile altoatesino sa di neve e di resina. All'improvviso il telefono squilla, la voce debole di un uomo che la chiama con il soprannome della sua infanzia: è Vito. È molto malato, e vorrebbe vederla per l'ultima volta. Carabiniere calabrese in pensione, ha prestato a lungo servizio in Alto Adige negli anni Sessanta, anni cupi, di tensione e di attentati. Anni che non impedirono l'amore tra quello smarrito giovane carabiniere e la bellissima Gerda Huber, cuoca in un grande albergo, sorella di un terrorista altoatesino e soprattutto ragazza madre in un mondo ostile. Quando Vito è entrato nella sua vita, Eva la figlia bambina, ha provato per la prima volta il sapore di cosa sia un papà: qualcuno che ti vuole così bene che, se necessario, perfino ti sgrida. Sul treno che porta Eva da Vito morente, lungo i 1397 chilometri che corrono dalle guglie dolomitiche del Rosengarten fino al mare scintillante della Calabria, compiremo anche un viaggio a ritroso nel tempo, dentro la storia tormentata dell'Alto Adige e della famiglia Huber. La fine della Prima guerra mondiale, quando il Sudtirolo austriaco venne assegnato all'Italia, quando Hermann Huber, futuro padre di Gerda, perse i genitori e con loro la capacità di amare.



Se il buongiorno si vede dal mattino, il mio 2016 può essere un anno di grandi letture. 
L'ho cominciato per caso, era tanto che l'avevo sul Kindle ma non mi aveva mai "chiamata". Forse perché sulla questione sudtirolese avevo tanto amato Eredità di Lilli Gruber.
Lo sfondo storico culturale è lo stesso, per quanto il romanzo della Melandri abbracci un arco cronologico più ampio e arrivi a toccare eventi a noi vicini, e mi sono di nuovo stupita di quanto noi giovani siamo, su certe cose, profondamente ignoranti. Prima di leggere i due romanzi, non avevo mai sentito parlare della questione Sudtirolese, della cosiddetta Opzione, della difficoltà - e della frustrazione - che provava chi era di madrelingua tedesco a esprimersi in italiano. Difficoltà che oggi come oggi posso capire al 100%. 

Quello che tiene incollati al libro è il "racconto". La storia di Eva e di sua madre Gerda: due donni forti, segnate dalla stessa mancanza. Quella della figura paterna. Figura paterna che Eva decide di andare a cercare, compiendo un viaggio in treno attraverso l'Italia che è un viaggio nella memoria personale e storica. Arrivata alle ultime pagine ho pianto, perché è un libro denso di dolore, di perdita, di cose che sarebbero potuto andare diversamente ma non è successo. E non è successo perché l'amore, quello vero, ti fa amare la persona amata più di te stessa, e ti porta a decidere per lui, magari anche sbagliando. Non è successo perché la Storia, la società e i suoi pregiudizi si mettono in mezzo, e ci costringono a deviare dalla strada che abbiamo sognato. Ci costringono a prendere altre decisioni, per risparmiarci un dolore che ipotizziamo più grande. O a rinunciare del tutto a percorre quella strada, come è successo a Ulli.

Ma alla fine, all'ultima pagina, il messaggio è positivo: 
"E ora sto abbracciando mia mamma perché nulla e nessuno ci può risarcire di ciò che abbiamo perduto, neppure coloro che sono colpevoli di quelle perdite, né quelli che (...) ne sono stati l'origine o la causa, e alla fine, quanto tutti i calcoli sono stati fatti (...) l'unica cosa che conta è questo: che ci possiamo ancora abbracciare, senza sprecare più nemmeno per un istante la straordinaria fortuna di essere ancora vivi."



Consigliato?
... Voi che ne dite?

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