Google+

giovedì 30 marzo 2017

Recensione di "L'albergo della magnolia" di Lia Levi

Sinossi (da Edizioni e/o): Nell’epoca buia delle leggi razziali del fascismo, la tormentosa passione di un giovane professore ebreo per la bella e indecifrabile Sonia. In verità Sonia rappresenta l’inconsapevole simbolo dell’opposto, l’immagine dorata di una famiglia ricca, altolocata, reazionaria e soprattutto ariana. nell’impari lotta, il giovane ebreo imboccherà la strada senza ritorno del cedimento per entrare nel geloso nucleo che in realtà non lo vuole. Un romanzo che senza esitazioni conduce il lettore verso l’alto, a seguire una passione assoluta, e poi verso il basso, a scendere i gradini del compromesso umiliante e doloroso.

L'albergo della magnolia è il mio secondo libro "per adulti" di Lia Levi, dopo Tutti i giorni di tua vita.
Questa lettura mi ha lasciato purtroppo un po' freddina. La storia raccontata è estremamente drammatica: è la storia di una solitudine atroce. Di un uomo che, nonostante creda di avere una famiglia e una moglie che lo ama, è completamente solo con se stesso. Così solo che finirà per accettare un compromesso orrendo, facendolo sì per amore, ma soprattutto perché non gli è stata data scelta. E lui pensa di non averla. 
Una storia straziante, con un finale di speranza che però...non basta. Non basta a farci perdonare Dino per quello che (non) ha fatto, non basta a farci vedere la luce in tutta quella cattiveria, in tutta quella aridità.
Mi sono chiesta quante storie come questa siano veramente accadute, nell'Italia delle leggi razziali. Non mi so dare una risposta, e forse non me la voglio dare. 

Però...lo stile dell'autrice è diverso da quello a cui ero abituata, forse perché cerca di dar voce a un uomo. E' come se ci fosse una...pellicola, tra il racconto e le emozioni della voce narrante. Come se quelle emozioni non sapessero o non potessero venir fuori. Come se Dino sentisse tutto come se lui fosse isolato dalla sua vicenda, e forse - certamente - è così, ma il risultato è che mi sono sentita estranea anche io a tutto quel dolore.
Peccato!