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sabato 30 settembre 2017

A proposito di... "Seconda generazione", di Howard Fast


Sinossi (da e/o): È qualcosa di più che una vaga sensazione di irrequietezza quella che agita la giovane Barbara Lavette nella caldissima estate di San Francisco del 1934. Sua madre Jean, erede dell’impero finanziario dei Seldon, desidera per lei un destino all’altezza del nome che porta mentre il patrigno, uno dei più ricchi armatori della East-Coast, è disposto a pagare i migliori college di New York pur di tenere alla larga quella ragazzina e le sue sciocche idee di equità sociale. Ma Barbara non può dimenticare che nelle sue vene scorre il sangue dei Lavette. Lo stesso di suo padre, Danny, che era stato uno degli uomini più ricchi della California prima di liberarsi del suo patrimonio per inseguire una vita più semplice e autentica. Quando sul fronte del porto scoppiano gli scioperi che insanguineranno la città, Barbara capisce che non può tollerare la repressione ordinata dal patrigno e che è venuto per lei il tempo di cercare il suo posto nel mondo. Lo trova a Parigi, in qualità di corrispondente per una raffinata rivista newyorchese. E fra le braccia di Marcel, giornalista di Le Monde. Ma presto la Storia travolge ogni cosa. La guerra civile spagnola le porta via il suo pri- mo grande amore, ferito durante una spedizione al seguito delle Brigate Internazionali. Ed è forse per dimenticarlo che poco dopo Barbara, investita di una missione segreta, si reca nella Berlino nazista dove si decidono le sorti dell’Europa. Nel frattempo, a San Francisco, suo fratello Tom scopre nel patrigno un interlocutore molto interessato alle sue idee sul futuro della fortuna dei Seldon e comincia a ordire una trama per tagliare Barbara fuori dall’impero economico di famiglia...

Ho letto Seconda generazione di Howard Fast un po' per caso, dopo averlo preso dalla libreria di mia mamma. Il primo volume della saga, Il vento di San Francisco, mi era piaciuto ma non in maniera così estrema. Qualcosa, nello sviluppo dei personaggi, nello sfondo socio-politico, non mi aveva particolarmente convinta.
O forse la mia pressoché completa ignoranza della storia e della politica americane mi avevano reso il romanzo leggermente estraneo.

Mi sono quindi avvicinata a Seconda generazione con un po' di scetticismo, ma mi sono dovuta ricredere.
Si tratta di un romanzo semplicemente bellissimo. In primo piano non abbiamo più Daniel Lavette, bensì sua figlia Barbara: un personaggio complesso e ricco di sfaccettature, che non esista a vivere a pieno la sua vita, cercando di scrollarsi addosso l'etichetta di "figlia di ricchi"; senza però perdere mai la consapevolezza della sua identità, del suo attaccamento alla famiglia.
Barbara lascia San Francisco e va a vivere prima a Parigi, per poi ritrovarsi quasi suo malgrado nella Germania nazista prima e nei paesi arabi come corrispondente di guerra. Il bisogno di tornare a casa sarà però sempre forte: questo, insieme alla perdita di un amore e all'essersi ritrovata faccia a faccia con la guerra, la porteranno a tornare a San Francisco, per restare.

Dan Lavette è invecchiato, è maturato: chi se ne è innamorata leggendo Il vento di San Francisco non può non amare questo Dan più grigio ma più adulto, che attraverserà un lutto importante e arriverà a capire i limiti di alcune sue scelte. Straordinaria la figura del suo terzo figlio Joseph, avuto da May Ling: è una perfetta mescolanza tra la sensibilità e la dolcezza della madre e la determinazione del padre.

Anche Jean Seldon, la prima moglie di Dan, ritorna in scena: si tratta di un personaggio che nel primo volume avevo molto amato, e che mi era parso fosse un po' penalizzato dall'autore. Qui dà il meglio di sé, e mi sono ripresa completamente dalla delusione.

E' già uscito il terzo volume della saga, e io non vedo l'ora di tornare in Italia per appropriarmene!

venerdì 29 settembre 2017

Recensione di "Il rumore del tramonto" di Chiara Brambilla

SINOSSI (da Amazon): Una lettera che unisce passato e presente.
La storia di Micol.
Un viaggio alla scoperta di quello che c'è in ognuno di noi.
Micol è una ragazza che non si fa coinvolgere dalla vita, vive come una spettatrice, senza diventarne mai protagonista.
Improvvisamente Sebastiano, il suo adorato nonno muore, e questo lutto la fa sprofondare in una cupa malinconia.
Ma ecco che suo nonno, che bene la conosceva e comprendeva la sua paura di vivere, le lancia una sfida.
Attraverso una lettere scritta pochi giorni prima di morire le invia degli indizi e le lascia una misteriosa chiave.
Che porta aprirà quella chiave?
E così Micol con suo fratello Alberto e sua sorella Carlotta inizia un viaggio alla scoperta della Maremma e di Pitigliano, scoprendo un passato doloroso che ha visto protagonista suo nonno durante la seconda guerra mondiale.
Chi è la misteriosa donna che torna dal passato e che conosceva Sebastiano?
Un viaggio che la farà crescere, che la farà innamorare, ma soprattutto che le insegnerà a credere sempre nella vita.

Capita, che mentre ci si trova nel bel mezzo di una lettura impegnativa (La pioggia deve cadere, di Karl Ove Knausgård), ci si lasci attirare da qualcosa di più semplice, più leggero, per trascorrere una giornata d'evasione, di relax. 
Ho scoperto l'esistenza de Il rumore del tramonto per caso, dalla pagina Facebook di un'amica che mi ha prontamente detto che forse non era il libro per me. 

In parte, effettivamente, non lo è. È un'opera prima e si vede. Al di là di alcuni grossolani errori che sono da attribuire ad Amazon che ha curato l'edizione finale, ci sono alcune imperfezioni grammaticali che andrebbero a mio avviso riviste prima della stesura di un nuovo romanzo. 
La trama è indubbiamente originale e appassionante: niente di quanto raccontato mi ha dato l'impressione di essere stato già visto o già letto.
Il rumore del tramonto è una sorta di romanzo di formazione: quella della protagonista Micol, che si vede quasi "costretta" dal nonno a prendere in mano la sua vita e a seguire, forse per la prima volta, la sua volontà. 
Il romanzo tratta anche della formazione - nel senso di crescita - di alcuni rapporti: quello di Micol coi suoi fratelli, con la madre, e con il suo nuovo fidanzato.
Nella trama e nell'introspezione psicologia dei personaggi non mancano le ingenuità: sarebbe bello se l'autrice si sforzasse, nel prossimo romanzo, di "mostrarci" maggiormente le emozioni e i sentimenti dei personaggi, senza sentire il bisogno di descriverceli. 


Il finale rimane - com'è giusto che sia - aperto: Micol deve ancora crescere, capire cosa vuole dalla vita, amare sé stessa prima di poter amare qualcun altro.