SINOSSI: Allyson Boyd è una diciassettenne come tante, nata e cresciuta ad Avoch, piccolo paesino scozzese. Un
giorno deve andare a portare dei compiti a una ragazza della sua stessa scuola, Coleen Hameldon, e la sua vita cambia per sempre. Perché lei e Coleen diventeranno migliori amiche. E perché Coleen sta lottando da due anni e mezzo contro la leucemia.
Nella vita di Allyson entrano parole come chemioterapia, effetti collaterali, trapianto di midollo osseo, ma Coleen non vuole compassione. Vuole solamente una vita normale; una vita fatta di risate, scherzi, esperienze, viaggi, musica, chiacchiere e confidenze, fino a quando non sarà costretta a prendere una decisione che cambierà la sua vita, quella di Allyson e delle altre persone che le vogliono bene.
È possibile non avere paura della morte?
Ed è possibile insegnare a vivere?
Una storia sulla speranza, un inno alla vita. Un romanzo che ci ricorda il coraggio quotidiano di tutti gli adolescenti che lottano contro il cancro e quello degli amici al loro fianco.
Ho letto Fino all'ultimo respiro in due giorni, riprendendolo in mano in ogni momento libero, conscia di come sarebbe andato a finire ma ugualmente in attesa.
La storia non è particolarmente originale - mi sono tornati in mente La custode di mia sorella di Jodi Picoult e Voglio vivere prima di morire di Jenny Downham - ma il tono del racconto, commovente ma mai patetico, sempre sobrio, rende la lettura interessante. Assistiamo allo sbocciare di un'amicizia vera, profonda, di quelle che si possono vivere solo quando si è molto giovani. Allyson vede oltre la malattia di Coleen, e riescono a costruire un legame solido, a donarsi l'una all'altra. La gioia di vivere, il coraggio, la speranza oltre la morte.
Per quanto riguarda lo stile, ci sono poche sbavature da segnalare: alcune ripetizioni, la mania dell'autrice di mettere sempre il soggetto ad ogni nuova frase, e il ricorso ad alcuni termini desueti, o forse tipici di una particolare area geografica, come "giacchetto" al posto di "giubbotto".
Curiosa la scelta, da parte dell'autrice, di ambientare la storia in un paesino della Scozia, e non in Italia: le strade del paesino e i personaggi sono molto credibili, ma dovevo continuamente ricordare a me stessa che non stavo leggendo un romanzo inglese tradotto. Non sono sicura di condividere questa scelta.
I punti deboli del romanzo - che forse avrebbe dovuto essere più corto, più fulmineo - sono essenzialmente due: alcuni rapporti interpersonali sono trattati in maniera un po' superficiale, come quello di Allie col fidanzato Scott, e trovo vi sia discrepanza tra l'anno in cui è ambientata la storia, l'età delle ragazze, e la descrizione dei loro atteggiamenti: Allie è una diciottenne del 2013, ma ci viene descritta come se fosse una ragazzina più piccola, che a me pare appena uscita dagli anni Novanta. Probabilmente l'autrice, che ha pochi anni più di me, faceva riferimento a quando lei era diciottenne: il mondo galoppa, decisamente, e "noi" nate negli anni Ottanta siamo già "vecchie"
Riflessione personale, che ha poco a che vedere con la scelta dell'autrice: Coleen è malata, ed è una persona meravigliosa. Ha un sorriso bellissimo, fa coraggio a tutti, e non ha mai paura. Non so, forse avrei preferito vedere una persona più vera, più arrabbiata, meno perfetta, ecco.
Ho letto Fino all'ultimo respiro in due giorni, riprendendolo in mano in ogni momento libero, conscia di come sarebbe andato a finire ma ugualmente in attesa.
La storia non è particolarmente originale - mi sono tornati in mente La custode di mia sorella di Jodi Picoult e Voglio vivere prima di morire di Jenny Downham - ma il tono del racconto, commovente ma mai patetico, sempre sobrio, rende la lettura interessante. Assistiamo allo sbocciare di un'amicizia vera, profonda, di quelle che si possono vivere solo quando si è molto giovani. Allyson vede oltre la malattia di Coleen, e riescono a costruire un legame solido, a donarsi l'una all'altra. La gioia di vivere, il coraggio, la speranza oltre la morte.
Per quanto riguarda lo stile, ci sono poche sbavature da segnalare: alcune ripetizioni, la mania dell'autrice di mettere sempre il soggetto ad ogni nuova frase, e il ricorso ad alcuni termini desueti, o forse tipici di una particolare area geografica, come "giacchetto" al posto di "giubbotto".
Curiosa la scelta, da parte dell'autrice, di ambientare la storia in un paesino della Scozia, e non in Italia: le strade del paesino e i personaggi sono molto credibili, ma dovevo continuamente ricordare a me stessa che non stavo leggendo un romanzo inglese tradotto. Non sono sicura di condividere questa scelta.
I punti deboli del romanzo - che forse avrebbe dovuto essere più corto, più fulmineo - sono essenzialmente due: alcuni rapporti interpersonali sono trattati in maniera un po' superficiale, come quello di Allie col fidanzato Scott, e trovo vi sia discrepanza tra l'anno in cui è ambientata la storia, l'età delle ragazze, e la descrizione dei loro atteggiamenti: Allie è una diciottenne del 2013, ma ci viene descritta come se fosse una ragazzina più piccola, che a me pare appena uscita dagli anni Novanta. Probabilmente l'autrice, che ha pochi anni più di me, faceva riferimento a quando lei era diciottenne: il mondo galoppa, decisamente, e "noi" nate negli anni Ottanta siamo già "vecchie"
Riflessione personale, che ha poco a che vedere con la scelta dell'autrice: Coleen è malata, ed è una persona meravigliosa. Ha un sorriso bellissimo, fa coraggio a tutti, e non ha mai paura. Non so, forse avrei preferito vedere una persona più vera, più arrabbiata, meno perfetta, ecco.
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