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giovedì 1 maggio 2014

Recensione (?): "Limonov" - Emmanuel Carrère.

SINOSSI (da Amazon.it): Limonov non è un personaggio inventato. Esiste davvero: "è stato teppista in Ucraina, idolo dell'underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell'immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe, ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio" si legge nelle prime pagine di questo libro. E se Carrère ha deciso di scriverlo è perché ha pensato "che la sua vita romanzesca e spericolata raccontasse qualcosa, non solamente di lui, Limonov, non solamente della Russia, ma della storia di noi tutti dopo la fine della seconda guerra mondiale". La vita di Eduard Limonov, però, è innanzitutto un romanzo di avventure: al tempo stesso avvincente, nero, scandaloso, scapigliato, amaro, sorprendente, e irresistibile. Perché Carrère riesce a fare di lui un personaggio a volte commovente, a volte ripugnante - a volte perfino accattivante. Ma mai, assolutamente mai, mediocre. Che si trascini gonfio di alcol sui marciapiedi di New York dopo essere stato piantato dall'amatissima moglie o si lasci invischiare nei più grotteschi salotti parigini, che vada ad arruolarsi nelle milizie filoserbe o approfitti della reclusione in un campo di lavoro per temprare il "duro metallo di cui è fatta la sua anima", Limonov vive ciascuna di queste esperienze fino in fondo...


Dunque.. il titolo del post dice "Recensione (?)". Quel punto interrogativo significa che, un po' come Carrère, mi sto continuamente interrogando su quanto sto per scrivere. Dopo averlo finito, mi sono scaricata una sorta di scheda di lettura del testo, che mi ha chiarito alcuni punti oscuri della storia contemporanea della Russia, e ho letto diverse recensioni. Un po' perché, essendo parecchio giovane, non sono sicura di avere gli strumenti  adatti a capire appieno le vicende narrate da Carrère, e un po' perché quando il mio parere è così diverso da quello "principale", che è unanime, mi viene spontaneo chiedermi se non mi sia sfuggito qualcosa.

Partiamo dal principio: come scrivevo prima, di storia della Russia so veramente pochino, sia perché sono giovane, e certe cose sono ancora "cronaca", sia perché - purtroppo - studiare storia non mi ha mai appassionato particolarmente. Carrère dà parecchi avvenimenti per scontati, limitandosi a tratteggiarli: grazie al saggio (in francese) che ho scaricato ho capito qualcosina di più, ma non tutto. Poi: questo personaggio Limonov (diverso da quello vero? il ritratto più o meno fedele di quello vero? boh!) non mi è piaciuto per nulla. L'ho trovato un disadattato, con ridicole smanie da maledetto, dall'inizio alla fine, e anche il suo confuso pensiero politico mi è sembrato perennemente adolescenziale (la lettura del saggio, di nuovo, mi ha aiutata a capire alcune particolarità del personaggio, e i motivi del successo di determinate idee politiche in Russia). Pertanto credo che parte del mio scontento, durante e dopo la lettura, sia dovuto al fatto che il personaggio, oltre a non interessarmi particolarmente, non mi è piaciuto. Mai, in nessun momento della vicenda.

Come sempre, Carrère scrive bene, molto. E ancora una volta, dopo L'avversario e Vite che non sono la mia racconta con dovizia di particolari la vita di qualcun'altro. Più che una biografia, Limonov mi sembra il resoconto di un'interazione tra due personaggi (e non persone): Carrère e Limonov. E qui, nello sforzo di attribuire a Limonov un'aria da eroe, Carrère fa una magra figura. Un po' come se si sentisse inferiore: per appartenere a una classe sociale "superiore", per avere avuto una vita "normale" e via discorrendo.
La domanda fondamentale, secondo me, è: perché? Perché Carrère vuole raccontarci la storia di Limonov? Perché gli interessa tanto? Perché lo chiama "eroe" dalla prima pagina all'ultima? E soprattutto, cosa ne pensa?

La risposta è - secondo me - : non si sa. Ho l'impressione - che non credo verificherò, perché il personaggio-Limonov, dicevo, non mi interessa - che Carrère abbia "parafrasato" i libri di Limonov, facendo un'analisi socio-politica (sommaria, a parer mio) basandosi tanto sul lavoro della madre.  Anche qui, come nei romanzi precedenti, Carrère si interroga sui personaggi di cui sta parlando. Eppure... qui mi sembra che l'analisi rimanga sempre a uno stadio superficiale. Come se non riuscisse a spiegarsi perché questo personaggio lo affascina tanto, e quindi finisce per non spiegarlo nemmeno a noi. Non ci sono riflessioni complesse, non entrano in gioco né la morale né la legalità né nient'altro. Ci si ferma al primo stadio, alla fascinazione pura e semplice. Adolescenziale, come adolescenziale è Limonov.

Probabilmente, ripeto, il mio parere negativo è dovuto a una scarsa conoscenza della storia, e a uno scarso interesse verso il personaggio.

Ad ogni modo, io preferisco l'Emmanuel de L'avversario e di Vite che non sono la mia. 

Qui, un parere contrastante.

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