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sabato 19 novembre 2016

A proposito di... Jamaica Inn, Daphne Du Maurier

Sinossi (da Anobii): All’inizio dell’Ottocento, Mary Yellan, giovane orfana di belle speranze e di avvenente aspetto, giunge al Jamaica Inn, una locanda tra i picchi e le scogliere della Cornovaglia, terra, all’alba del nuovo secolo, di pietre e ginestre rachitiche, di pirati e predoni.Dopo la morte della madre, l’unica parente rimasta alla ragazza è la zia Patience, proprietaria della locanda insieme col marito Joss Merlyn. Nel viaggio attraverso la brughiera selvaggia della Cornovaglia, Mary ha immaginato il Jamaica Inn come un accogliente rifugio, una dimora degna di quella zia che, da bambina, le appariva leggiadra come una fata con le sue cuffie ornate di nastri e le sue gonne di seta.Il suo sgomento è grande, dunque, quando scopre che la taverna è un covo di vagabondi, bracconieri, furfanti e ladri della peggior specie, e che della zia Patience, giovane donna vanitosa e piena di vita, non è rimasto nulla. Al suo posto c’è una povera creatura sfiorita, terrorizzata da un uomo gigantesco e brutale: suo marito, Joss Merlyn. Mary Yellan scapperebbe subito da quell’edificio buio e malmesso, dove nessun avventore oserebbe mai mettere piede, se non fosse per lei un punto d’onore difendere la zia dalle angherie di Joss, e se la sfida con quell’uomo violento, sorta forse dalla segreta, inconfessabile affinità sempre esistente tra caratteri forti, non la solleticasse. Quella taverna, dove si danno appuntamento i peggiori sgherri della Cornovaglia, è soltanto il porto di traffici illegali tra la costa e il Devon o è qualcosa di peggio, qualcosa che oltrepassa la stessa enigmatica figura di Joss?

Di Daphne Du Maurier ho adorato Rebecca la prima moglie e Mia cugina Rachele (forse ancora di più). Quando una carissima amica mi ha regalato Jamaica Inn mi ci sono quindi fiondata e l'ho divorato in una settimana, finendolo nel corso di una rilassantissima giornata alle terme. Mi sono presa del tempo prima di scrivere la recensione, perché mi ha lasciato in una stato di "esaltazione" per la velocità con cui l'ho letto e  la velocità di sviluppo della trama, per quanto il finale sia purtroppo un po' scontato.

A mente fredda, è sicuramente un'opera meno completa e affascinante,  se confrontata con altre della Du Maurier. . La brevità e la "velocità" che contraddistinguono la trama non lasciano purtroppo il tempo necessario a "calarsi" dentro il romanzo. Tuttavia, le descrizioni sono vividissime e l'atmosfera della brughiera della Cornovaglia non ha nulla da cui invidiare a quella di Manderley anche se, purtroppo, un incipit come "Sognai l'altra notte che ritornavo a Manderley" ce lo sogniamo, e mi si perdoni il gioco di parole. Però Rebecca è Rebecca, anche grazie al cinema

Passando ai personaggi, ho trovato Mary un po' troppo piatta, mentre Jem e il parroco di Altaturn sono assolutamente meravigliosi: il primo così vero e genuino, e il secondo così falso e freddo... Sembrava davvero di averli davanti agli occhi.
Lo zio di Mary, Joss, non ci incute nessuna paura, anche se viene descritto come un uomo collerico, malvagio e dalla fisicità possente: noi lo vediamo con gli occhi di Mary, che fin dal primo momento decide di non lasciarsi intimorire. La grandezza della scrittura della Du Maurier sta tutta qui, e scusate se è poco: ci fa SENTIRE le sensazioni dei personaggi, i loro sentimenti, e il freddo e l'umido della brughiera sulla pelle.

Jamaica Inn è una lettura che mi sento di consigliare: si tratta di un romanzo avvincente e, se non la conoscete già, vi farà venire voglia di sapere di più sull'opera della Du Maurier.






sabato 5 novembre 2016

Su Leggere a colori: Recensione di "Bruges la morta" di Georges Rodenbach


Hugues Viane è vedovo. Ogni suo gesto e ogni suo pensiero ruotano intorno a questa sua condizione: la sua giovane e bellissima moglie è morta e lui, incapace di elaborare il lutto, vive nel ricordo, crogiolandosi in un morboso dolore.

Insieme alla moglie, Hugues ha vissuto una vita allegra, viaggiando da una città europea all’altra. Sono passati anche da Bruges, che li ha colpiti per la sua cupezza e austerità: una città “morta”, quindi. È proprio per questo che Hugues, dopo la scomparsa della moglie, la sceglie per stabilirvisi: una città morta è perfetta per accogliere il suo dolore e per vivere la sua vita, che tale non è.

Continua a leggere la mia recensione di Bruges la morta su Leggere a colori!

domenica 11 settembre 2016

Recensione di " di Ross Poldark" di Winston Graham

Sinossi (da Amazon): Cornovaglia, 1783. Ross Poldark, figlio di un piccolo possidente morto da poco, torna a casa, esausto e provato, dopo aver combattuto per l’esercito inglese nella Rivoluzione americana.  Desidera soltanto lasciarsi il passato alle spalle e riabbracciare la sua promessa sposa, la bella Elizabeth. La sera stessa del suo arrivo, però, scopre che, anche a causa di voci che lo davano per morto, la donna sta per convolare a nozze con un altro uomo. Non solo: Nampara, la casa avita, si trova in uno stato di abbandono, cui ha contribuito anche una coppia di vecchi servi, fedeli ma ubriaconi. Devastato dalla perdita del suo grande amore, Ross decide di rimettere in sesto Nampara e di concentrarsi sugli affari che il padre ha lasciato andare a rotoli, tornando a coltivare le terre e lanciandosi nell’apertura di una nuova miniera. Viene aiutato dall’affezionata cugina Verity, dai due servi e da Demelza, una rozza ma vivace ragazzina che ha salvato da un pestaggio e che, impietosito, ha preso a lavorare con sé come sguattera. Nella terra ventosa di Cornovaglia – aspra quanto la vita dei suoi minatori, percorsa dai fremiti di nuove sette religiose e afflitta da contrasti sociali – si intrecciano i destini dei membri della famiglia Poldark, primo fra tutti il forte e affascinante Ross, ma anche della gentile Verity, di Elizabeth, tormentata da segrete preoccupazioni, e di Demelza che, diventata una bellissima donna, è determinata a conquistare il cuore dell’uomo che le ha cambiato la vita.

Negli ultimi tempi, a causa del lavoro e dei corsi di italiano, ho trascurato la lettura e i gruppi dedicati ai libri. Appena prima di partire per una meritatissima vacanza a Creta, ho fatto un giro su Facebook e mi sono lasciata ispirare da una recensione di Ross Poldark. 
Ultimata la lettura mi sono informata, e ho scoperto che il personaggio è già relativamente famoso in Italia, grazie a una serie prodotta dalla BBC e trasmessa nel nostro Paese verso la fine degli anni Settanta.

Ross Poldark è uno di quei libri che dà dipendenza. Che vuole essere letto subito fino alla fine, salvo poi centellinare le ultime pagine pensando: "cacchio, poi è finito e mi tocca aspettare il prossimo volume". Si tratta infatti del primo di una serie di dodici volumi, che verranno per la prima volta tradotti integralmente in italiano da Sonzogno: non è ancora noto quando uscirà il prossimo libro.
Ross è un personaggio bellissimo, del quale è impossibile non innamorarsi: coraggioso, sprezzante delle convinzioni sociali, equilibrato e appassionato. Anche gli altri personaggi principali sono speciali, ciascuno a modo loro, e i secondari costituiscono un microcosmo interessante, che restituisce un bello spaccato di quella che doveva essere la vita in Cornovaglia alla fine del Settecento.

Il ritmo della narrazione è incalzante, le descrizioni romantiche e i dialoghi verosimili e a volta spassosi.

... Cosa state aspettando?!

domenica 21 agosto 2016

Il giardino al chiaro di luna - Corina Bomann

Sinossi (da Giunti):Mentre la neve ricopre Berlino con il suo manto candido, la giovane antiquaria Lilly Kaiser osserva i passanti transitare davanti alla vetrina del negozio, in attesa di rientrare finalmente a casa. A un certo punto, però, un uomo anziano varca la soglia e le consegna un prezioso violino, sostenendo che le appartiene. Scossa da quella visita, Lilly apre la custodia e trova uno spartito dal titolo “Giardino al chiaro di luna”. La curiosità cresce, insieme all’attrazione per quell’antico strumento. Con la complicità di Ellen, amica d’infanzia ed esperta restauratrice, e di Gabriel, affascinante musicologo, Lilly inizierà un viaggio che la porterà prima a Londra, poi in Italia, e infine nella lontana e selvaggia isola di Sumatra, sulle tracce di due enigmatiche violiniste scomparse molti anni prima.
Quale segreto si nasconde nella storia del violino? Per quale motivo è finito nelle sue mani? E cosa ha a che fare tutto questo con lei?


Durante un'estate per me particolare, trascorsa quasi interamente da sola a Valtournenche, avevo letto L'isola delle farfalle di Corina Bomann, e mi aveva lasciato una piacevole impressione. Sia chiaro: stiamo parlando di romanzi rosa, leggeri, rilassanti. Niente di impegnativo.
Da quando padroneggio il tedesco ho cominciato a leggere questo genere di romanzi esclusivamente in lingua tedesca, al fine di unire l'utile al dilettevole, che in questo caso è particolarmente utile essendo la Bomann un'autrice tedesca.

Come già L'isola delle farfalle, Il giardino al chiaro di luna è costruito sull'alternanza tra presente e passato, espediente narrativo che personalmente adoro. La vicenda si svolge tra Londra, Berlino e Sumatra, tra gli anni 20 e il presente di Lilly. 
Protagoniste sono Lilly, nel presente, e Rose, nel passato. Rose è una violinista famosissima, che all'apice della sua carriera sparisce: grazie alle indagini di Lilly e Gabriel scopriremo perché. 
Lilly è vedova, e grazie a questa vicenda capirà di essere finalmente pronta ad amare di nuovo. 
La narrazione è incalzante e piacevole, mai noiosa. Nonostante la storia di Rose sia molto triste, non c'è traccia di patetismo, anche se verso la fine la lacrimuccia arriva.

Se, come me, dovete ancora partire per le vacanze al mare, la Bomann può essere una compagnia piacevole!

giovedì 14 luglio 2016

Recensione di "Sono qui per l'amore" di Silvestra Sorbera

SINOSSI: (da liberolibro): Il romanzo, ambientato tra Torino e Borgaro racconta la storia di Massimo, pacato avvocato e Martina, eccentrica giovane donna. Tra i due c’è una differenza d’età non indifferente tanto che Massimo, seppur innamorato, ha paura di iniziare una relazione con la giovane. L’amore trionfa, almeno in parte. Massimo e Martina si sposano, hanno tre figli, Massimo è un brillante avvocato e un buon politico, è l’uomo che ogni donna vorrebbe ma Martina è stanca e così arriva la sua nuova vita. Il suo amore che deve difendere in un aula di tribunale.


Sono qui per l'amore è il terzo lavoro di Silvestra Sorbera che ho il piacere di leggere, e come sempre rimango stupita dall'ampia rosa di temi che nello spazio di poche pagine l'autrice riesce a trattare. Premetto che, per evitare di fare spoiler, non menzionerò quello forse più importante di tutti.
Il romanzo si apre in un'aula di tribunale: Massimo e Martina stanno dibattendo per la custodia dei figli. Sappiamo quindi fin dall'inizio quale sarà - purtroppo - il punto di arrivo della loro storia. Comincia così la narrazione a ritroso, attraverso la quale "assistiamo" ai primi appuntamenti tra Massimo e Martina, al loro matrimonio, alla nascita dei figli e alla loro crisi.
Il tema della vita di coppia è quindi centrale nel romanzo: vita di coppia resa particolare dalla differenza di età che separa  due sposi. L'autrice è ben lungi da esprimere un giudizio sull'argomento, ma lo sguardo con cui contempla tutte le possibili difficoltà è molto acuto.
Martina rimane incinta prestissimo, e la voglia di dedicarsi alla sua prima bambina la porterà a rinunciare gli studi, attirando su di sé le critiche dei genitori e dei suoceri. L'arrivo degli altri figli farà sì che la sua condizione di "mamma - casalinga" si fossilizzi ancora di più, portandola a una sensazione di perenne insoddisfazione e inquietudine che, unita alla sempre più frequente assenza di Massimo dovuta a impegni lavorativi e politici, farà sì che un nuovo incontro la colga in un momento di fragilità, e la aiuti a conoscere veramente se stessa.

Martina rimane in casa per occuparsi dei figli, e il marito la incoraggia: è un uomo profondamente "vecchio stampo", contento di avere una moglie giovane e bella, da poter anche esporre quando decide di darsi alla carriera politica. Anche qui, l'autrice lascia a noi il compito di farci un'opinione sulle scelte della coppia. Personalmente ho trovato il personaggio di Massimo egoista, mentre Martina mi è parsa statica, incapace di prendere una decisione, sempre in balia degli eventi.
E' una donna che a soli trent'anni si accorge di essere invecchiata: credo sia un rischio connesso con il mettere su famiglia troppo presto. 
La sua insoddisfazione la condurranno a costruire una relazione con una persona che sicuramente nutre per lei dei veri sentimenti, ma che la Sorbera non riesce a rendere simpatica: mi sono chiesta più volte se Martina si sia davvero innamorata, e se abbia scoperto una parte di sé che non conosceva, o se semplicemente si sia lasciata anche questa volta trasportare dagli eventi, mossa da una profonda inquietudine che è incapace di elaborare. 

Sono qui per l'amore è un romanzo che mostra - ancora - i progressi dell'autrice, il cui amore per la scrittura è notevole. Facendo però un confronto con La seconda indagine del commissario Livia ho trovato i dialoghi di questo romanzo meno ben riusciti, e anche il personaggio di Martina, come la sua non - scelta finale, potrebbero essere più convincenti. 


venerdì 8 luglio 2016

Recensione: "Tutti i giorni di tua vita" di Lia Levi

Sinossi: (dal sito di edizioni e/o): Una grande saga famigliare dagli anni Venti ai nostri giorni. Un padre, una madre e due figlie che si troveranno a impersonare due diversi destini, quello dell’impegno politico antifascista l’una, quello della docilità e della sconfitta l’altra. E una miriade di altri personaggi a comporre il vasto tessuto: un’attrice protetta dal Regime e che diventerà delatrice, una sarta fascista, una sprovveduta servetta di campagna, un genero di un’altra classe sociale, zii, cugini… La piccola storia quotidiana, fatta di amori, ribellioni, affetti e tradimenti, all’ombra di una Storia che incomberà sempre di più, irrompendo nelle vicende individuali fino a determinarle.


Fino a un mese fa, Lia Levi per me era solo la "mamma" di Brunisa di Una valle piena di stelle e Da quando sono tornata, due libri che nel corso della mia infanzia e prima adolescenza ho letto più volte, perché profondamente diversi dai "soliti" libri sulla guerra e sull'Olocausto che ci davano da leggere a scuola.
Tutti i giorni di tua vita è arrivato a casa mia grazie a un'amica tanto cara, che ha pensato di regalarlo a mia mamma, alla quale - a mia volta - l'ho sottratto.
In un momento un po' particolare della mia vita, questo libro mi ha fatto riscoprire il piacere di prendermi del tempo solo per me e di dedicarmi solo e unicamente alla vicenda raccontata, senza prestare attenzione a pensieri disturbanti.

Tutti i giorni di una vita racconta la storia di una famiglia - ebrea - dagli anni Venti in avanti.
Valfredo si trasferisce con la moglie e le due figlie già grandi, Regina e Corinna, in un appartamento buio al piano rialzato di un condominio di Roma. Appartamento rimasto a lungo invenduto, proprio perché poco luminoso e triste.
Tuttavia per Valfredo e la sua famiglia quella casa sarà un rifugio pronto ad accogliere tutti e a custodire i loro segreti. Attorno a questo nucleo famigliare ruota una serie infinita di personaggi: primi fra tutti i parenti, poi i mariti di Regina e Corinna, la sarta fascista, l'attrice nevrastenica e crudele e la cameriera più ingenua e sfortunata che si possa trovare.
Al centro di questo meraviglioso affresco ci sono loro, Regina e Corinna. L'una forte e indipendente tanto quanto l'altra è scialba e indecisa. Due figure che impersonano due diversi modi di reagire alle avversità della vita: con la lotta, oppure con la paura e la rassegnazione, insieme alla speranza che non succeda mai nulla a "noi". Impersonano anche due modi di vivere il rapporto con la famiglia: da un lato l'affermazione delle proprie volontà e dei propri desideri unito all'affetto filiale e fraterno, dall'altro il rifiuto di crescere, di assumersi le proprie responsabilità e di accettare che ora tocca a "noi" vivere, e non a chi "si occupa" di noi.

Sullo sfondo della storia delle due ragazze, e di tutti gli altri, c'è la Storia, quella con la S maiuscola, quella che abbiamo studiato a scuola. Storia che vediamo per così dire dall'interno. Prendiamo coscienza degli eventi insieme a Valfredo e alla ragazze. Assistiamo con un misto di rabbia e timore alla fascinazione di Valfredo per Mussolini, alla proclamazione delle leggi razziali, quando ancora qualcuno della famiglia pensa che non riguardi "proprio loro". Atteggiamento che possiamo definire non tanto ebraico quando, purtroppo, profondamente italiano. Questo immobile guardare gli eventi, sperando che questi passino senza toccarci troppo, o che comunque non arrivino mai a riguardarci.
E' - in fondo - l'atteggiamento di Corinna, in stridente contrasto con quello di Regina e di sua figlia Anna, che per reazione si avvicinerà all'Ebraismo più di quanto gli altri membri della famiglia non abbiano mai fatto.

Tutti i giorni di tua vita è un romanzo che non può lasciare indifferenti. La farfalla nera che vola per le stanze dell'appartamento ogni qualvolta che arriva una brutta notizia vola anche davanti ai nostri occhi, mentre verso la fine cerchiamo di trattenere le lacrime.


mercoledì 22 giugno 2016

Recensione: "I fiori rubati: la seconda indagine del commissario Livia" di Silvestra Sorbera

Trama (da Amazon.it): Due bambine scomparse, una strana signora che ama le margherite e il passato che torna dolorosamente nella vita del commissario Livia. Il lettore, seguendo la protagonista alle prese con il rapimento di due bambine di otto anni, entrerà nella sua vita, nella sua famiglia e scoprirà quanto curiosamente, a volte, gli eventi si intreccino.

I fiori rubati: La seconda indagine del commissario Livia è, dopo Vita da sfollati, il secondo lavoro di Silvestra Sorbera che leggo. Di Vita da sfollati mi aveva lasciato perplessa la brevità: ricordo che mi era sembrato di leggere la sinossi di un romanzo e non un racconto autonomo.
Durante la lettura de I fiori rubati ho avuto invece la sensazione che la scrittura dell'autrice fosse maturata: la trama è più strutturata, anche se la conclusione è leggermente incredibile.
Bella la scelta della Sorbera di dedicarsi a tematiche diverse e attuali, come la maternità mancata, il rifiuto di avere un figlio o il desiderio di averlo a tutti i costi: è proprio grazie a questa pluralità di temi che si ha la sensazione di leggere un lavoro che, anche se non può porsi a confronto con i più noti gialli italiani, ha una sua autonomia e una sua struttura.
Anche i personaggi principali - Livia, Angelo e Lorenzo - meritano la lode: hanno un carattere proprio, apprezzabile dai loro gesti e comportamenti. Sarebbe stato interessante vedere approfonditi anche i personaggi secondari.
Unico neo è, a parer mio, la conclusione, che risulta un po' affrettata.