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giovedì 21 gennaio 2016

Recensione di Tess dei d'Urberville - Thomas Hardy

Oltre all'anno dei "libri belli", vorrei che il 2016 fosse l'anno in cui colmo un po' di lacune, in cui leggo finalmente i libri che ho da tanto in "lista".
So già che non sarà così, visto che sono abituata a scegliere un libro "a sensazione". Finisco un romanzo e scelgo la lettura successiva osservando la libreria o affidandomi alle emozioni che i vari incipit mi suscitano.

Per quando riguarda la letteratura inglese, ammetto candidamente la mia ignoranza. Ho letto poco e solo Jane Eyre mi ha dato emozioni simili a quelle che mi regala, per esempio, Maupassant. Non so tra le amanti della Austen, devo ammetterlo.

Di Hardy ho letto Via dalla pazza folla in occasione di una lettura condivisa su un gruppo Facebook, e sull'onda dell'entusiasmo avevo scaricato anche Tess. Che altrettanto per caso ho cominciato.

Sento di dover ringraziare la mia ignoranza: non conoscevo assolutamente la trama ed è stato bellissimo sorprendermi, temere, aspettare gli sviluppi della storia. La conclusione mi ha poi lasciata senza fiato. E con tante lacrime, ovvio.

Rispetto a Via dalla pazza folla, che mi dicono essere un'eccezione nell'opera di Hardy, Tess è molto più cupo, e da metà in poi decisamente angosciante.
Ho adorato ancora una volta le descrizioni della natura, natura che è così incurante di ciò che accade all'uomo, eppure a volte sembra fare da specchio ai sentimenti di Tess e a ciò che le succede.
Detestabili le figure maschili, eppure tanto "vere". Così come veri sono i loro atteggiamenti.
Mi riferisco in particolare alla "conversione lampo" di Alec, che appena rivede Tess torna sui suoi passi, e alla conversazione tra Angel e Tess dopo le loro nozze: Hardy riesce a far sì che dalla pagina escano delle sensazioni vere, che potremmo provare anche noi o che ha provato qualcuno a noi prossimo, facendoci male.

La vicenda di Tess è in un certo senso accostabile a quella di Maggie de Il mulino sulla Floss: si parla sempre di condizione della donna, di conseguenze sociali che investono solo lei. Di distanza tra la legge della natura e quella degli uomini. E non sembra esserci speranza, come viene dimostrato anche dall'assenza di lieto fine. Che non è solo assente: è impossibile.

C'è dolore, c'è rabbia, c'è anche - purtroppo - rassegnazione, mentre si legge Hardy. C'è angoscia, mentre si aspetta la tragedia finale. La rabbia la proviamo soprattutto leggendo le parole di Alec, vedendo Tess che si sente colpevole della sua bellezza: da Adamo ed Eva in poi, è sempre la donna il diavolo tentatore, il male, colei che attira su di sé la rovina e deve espiare la colpa. Pagando per tutta la vita.

Fa quasi male, dire che mi è piaciuto. Perché una storia così straziante non dovrebbe esistere, ma se Hardy l'ha raccontata vuol dire che di storie così ne sono esistite anche troppe.


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