(da Ibs.it)
Ho iniziato a leggere La morte del padre fondamentalmente perché, per ragioni strettamente personali, quelli che chiamo "problemi paterni" mi interessano non poco.
Si tratta di un romanzo autobiografico dell'autore norvegese Karl Ove Knausgård ; il titolo originale è Min Kamp. Il progetto si compone di sei volumi: attualmente in Italia i diritti sono stati acquistati da Feltrinelli, che ha presentato il primo tomo col titolo La morte del padre.
Karl Ove si racconta: in questo primo volume parla della sua infanzia, della sua adolescenza e del rapporto col padre, anaffettivo e alcolizzato.
La sua opera è stata accostata, credo soprattutto per le dimensioni, a quella di Proust: oltre alle dimensioni simili non c'è molto altro che li accomuni, anche se ho trovato interessante l'insistenza dell'autore sul tema della memoria che si intreccia a quello del tempo che passa.
L'autore scrive bene, indubbiamente. Racconta tutto con dovizia di particolari e con lucidità: ho apprezzato moltissimo le pagine dedicate alla sua attività di scrittore e alla letteratura, oltre a quelle in cui si concentra maggiormente col rapporto del padre.
Se è vero che, come dice il mio amico Gianluca, dare un nome all'inesprimibile è compito dei letterati e dei poeti, Karl Ove (mi vien proprio da chiamarlo per nome...) ci riesce particolarmente bene: in alcuni passaggi mi sono emozionata perché sentivo vivi dentro di me quei sentimenti ambivalenti che lui descrive, dei quali non ero mai riuscita a parlare apertamente.
Alcune pagine però mi hanno annoiata, ho faticato a collegarle non tanto col tema della storia quanto con quello che io vorrei che fosse il tema centrale, ossia il collegamento tra le sue nevrosi e il rapporto col padre. Insomma, come spesso accade anche in questo libro ho cercato ciò che mi interessava.
Attendo il prossimo volume? Sì.
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